Dovremmo ribellarci a questo costante studio di codici e linguaggi informatici
Spettabile Redazione,
colgo lo spunto dal vostro recente articolo sull’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti forfetari.
L’autore dell’articolo, molto chiaro nella spiegazione delle novità, inconsciamente utilizza un linguaggio da programmatori informatici; non è colpa sua.
La mia è una constatazione di come noi Professionisti ci siamo lentamente abituati e adattati alle modalità di comunicazione con i vari enti pubblici, in particolare con l’Agenzia delle Entrate.
Nonostante la mia non giovane età mi considero “nativo digitale” perché i personal computer sono nati proprio a cavallo tra la fine dei miei studi e l’inizio dell’attività lavorativa. Eppure ho sempre più difficoltà ad accettare questo modus operandi: anziché essere i software a semplificarci il lavoro, siamo noi che costantemente dobbiamo imparare codici e linguaggi informatici (xbrl, xml, campo, file, codice errore, tipo record).
Pensiamo se i videogiochi avessero questa modalità: giocheremmo ancora con i flipper nei bar.
Dunque il mio invito a una civile ribellione contro questo regresso, che ci prostra mentalmente e fisicamente, spostando il nostro studio dalle normative alle prassi tecnologiche.
Alberto Cobelli
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia
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