Le raccomandazioni OCSE non sono fonti normative
Con la sentenza n. 26432, pubblicata ieri, la Cassazione si è pronunciata su un caso di accertamento da transfer pricing in relazione al quale i gradi di giudizio di merito si erano conclusi in maniera sfavorevole al contribuente ricorrente.
Quest’ultimo ha portato dinanzi alla Suprema Corte le sue doglianze, in particolare per avere l’Ufficio dato preminenza al metodo del TNMM (Transactional Net Margin Method) sul CUP (Comparable Uncontrolled Price).
La Cassazione non ha accolto il motivo di ricorso, spiegando che la raccomandazione dell’OCSE del 2010, sulla quale faceva leva il ricorrente, non è idonea a stabilire un ordine gerarchico tra i metodi, cosa che potrebbe eventualmente essere fatta solo da una legge.
Viene così stabilito un principio di diritto secondo il quale “le raccomandazioni OCSE non si inseriscono nella gerarchia delle fonti normative, ma forniscono sussidi e metodi operativi (norme tecniche) per l’attuazione nello specifico di disposizioni legislative”, come quella che interessa il valore normale richiamato dall’art. 110 comma 7 del TUIR.
Ciò chiarito, spetta all’interprete scegliere tra i metodi proposti “quello più aderente alla fattispecie concreta” e ai giudici valutare se le motivazioni di tale scelta siano coerenti e non logicamente viziate (e il vizio può essere sindacato anche in Cassazione).
Nel caso sottoposto all’esame dei giudici, il sistema di TNMM era stato utilizzato in modo corretto dall’Ufficio, in quanto più idoneo del CUP a fornire una indicazione attendibile del valore normale, trattandosi di scambi commerciali tra una società residente in Italia e le società estere del gruppo di beni con alea di mercato ridotta, per i quali era più logico fare riferimento al margine di guadagno che non al prezzo, non essendo questo frutto di libero mercato.