Valida la procura redatta in lingua straniera
Per le Sezioni Unite l’uso dell’italiano è obbligatorio solo per gli atti processuali
Con la sentenza n. 17876 depositata ieri, 2 luglio 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla validità della procura alle liti redatta all’estero in lingua straniera, priva di traduzione in italiano e della relativa attività certificativa. La Suprema Corte ha stabilito che tale procura è comunque valida.
La questione affrontata riguardava se, nelle ipotesi di legalizzazione o in applicazione della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 e della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, la traduzione in italiano della procura e della certificazione costituisse un requisito di validità. In particolare, la Corte era chiamata a chiarire:
- se il giudice possa prescindere dalla traduzione, qualora conosca la lingua in cui l’atto è redatto;
- se debba o possa assegnare un termine, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., per procedere alla traduzione, e se tale potere si estenda anche al giudizio di legittimità;
- se il giudice possa o debba disporre direttamente la traduzione tramite un esperto.
Il dibattito giurisprudenziale era diviso tra due orientamenti contrapposti. Da un lato, la tesi secondo cui la procura alle liti, essendo un atto prodromico e preparatorio al processo, non richiede necessariamente la traduzione in italiano al momento della costituzione in giudizio, con applicazione dell’art. 123 c.p.c., che consente al giudice di disporre la traduzione dei documenti redatti in lingua straniera (cfr. Cass. SS.UU. 2 dicembre 2013 n. 26937). Dall’altro, la posizione che ritiene la traduzione un requisito essenziale di validità, la cui mancanza comporta la nullità dell’atto ex art. 12 della L. n. 218/95 (cfr. Cass. SS.UU. n. 5592/2020).
La Cassazione si è divisa fra chi ha ritenuto sanabile la nullità con la rinnovazione della procura mediante concessione di un termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c. (cfr. Cass. n. 8174/2018 e Cass. n. 27598/2023) e chi ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per la mancanza della traduzione (cfr. Cass. SS.UU. n. 5592/2020; Cass. n. 28217/2019).
Tradizionalmente, per la validità della procura estera era richiesta la legalizzazione secondo la normativa ex artt. 15 e ss. della L. n. 15/68, poi abrogata e sostituita dal DPR n. 445/2000. Tuttavia, l’evoluzione normativa nazionale e sovranazionale ha progressivamente ridotto i requisiti formali per il riconoscimento di atti provenienti dall’estero, nell’ottica della costruzione di uno spazio giuridico comune, basato su standard minimi condivisi di qualità e controllo.
La Cassazione ha escluso che la mancanza della traduzione in italiano della procura e della certificazione possa costituire causa di nullità. Infatti, l’art. 122 c.p.c., che impone l’uso della lingua italiana nel processo, si riferisce esclusivamente agli atti processuali in senso proprio, non estendendosi agli atti prodromici, come la procura alle liti. A questi ultimi si applica invece l’art. 123 c.p.c., il quale attribuisce al giudice il potere – e non l’obbligo – di ordinare la traduzione dei documenti redatti in lingua straniera, anche tramite nomina di un interprete.
Pertanto, la produzione in giudizio di una procura rilasciata all’estero in lingua straniera, priva di traduzione, non è vietata e non può essere considerata inammissibile in assenza di una specifica disposizione normativa in tal senso.
In definitiva, secondo la Corte, “In materia di atti prodromici al processo, come la procura speciale alle liti, la mancanza della traduzione in lingua italiana, anche nei casi di legalizzazione o di applicazione delle Convenzioni internazionali (Aja 1961 e Bruxelles 1987), non costituisce causa di nullità dell’atto”.
L’obbligo di redazione in lingua italiana si applica quindi agli atti processuali veri e propri, non agli atti preparatori. Questi, se redatti in lingua straniera, sono validamente prodotti, lasciando al giudice la facoltà di disporne la traduzione tramite interprete, qualora non comprenda la lingua o sorgano contestazioni sul contenuto.
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