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IMPRESA

Revoca degli amministratori di srl anche esclusiva

Ammessa l’azione di merito, e cautelare, per la revoca dell’amministratore, senza alcuna strumentalità rispetto all’azione di responsabilità

/ Maurizio MEOLI

Mercoledì, 7 maggio 2025

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Il Tribunale di Venezia, nella sentenza n. 2756/2024, affronta diversi e interessanti profili attinenti alla revoca e alle responsabilità degli amministratori di srl.

Si opta, innanzitutto, per la soluzione interpretativa secondo la quale la revoca cautelare dell’amministratore di srl, prevista dall’art. 2476 comma 3 c.c., deve ritenersi ammissibile non solo se proposta in via strumentale a un’azione di responsabilità di natura risarcitoria, ma anche in relazione a un’azione di merito tesa proprio alla revoca dell’amministratore.

Il termine “altresì” – contenuto nella citata disposizione normativa – è, infatti, inteso come attributivo di un potere del socio aggiuntivo e svincolato rispetto alla proposizione dell’azione sociale di responsabilità; rendendo, così, possibile l’azione non solo cautelare, ma anche di merito per la revoca dello stesso amministratore.

Ciò vale anche in esito all’entrata in vigore del DLgs. 14/2019, che ha esteso alle srl la tutela prevista dall’art. 2409 c.c. Si tratta, infatti, di due tutele concorrenti, prevedendo regimi diversi quanto alla legittimazione (potendo, il rimedio di cui all’art. 2476 c.c., essere esercitato da ciascun socio a prescindere dall’entità delle partecipazioni) e alla tipologia dei provvedimenti che possono essere adottati dal Tribunale (che, in seno al procedimento di cui all’art. 2409 c.c., può optare per rimedi di diversa natura).

L’amministratore provvisorio nominato dal Tribunale, poi, svolge un compito di durata provvisoria, laddove, invece, nel caso della revoca cautelare, la nomina del nuovo amministratore è rimessa alla società e potrebbe assumere maggiore stabilità.

Nel caso di specie, peraltro, il socio attore agiva, nel merito, sia ai fini della revoca dell’amministratore sia chiedendo il risarcimento dei danni che riteneva procurati alla società da una serie di sue condotte.
La prima di queste atteneva all’avviso di convocazione di una deliberazione assembleare tenutasi durante l’emergenza COVID e svoltasi tramite talune delle agevolazioni riconosciute dall’art. 106 del DL 18/2020 convertito, la cui vigenza è stata recentemente prorogata fino al 31 dicembre 2025 (cfr. l’art. 3 comma 14-sexies del DL 202/2024 convertito).

Nella specie rilevavano la possibilità di:
- esprimere il voto in via elettronica. Che si verifica nel caso in cui i soci, partecipando da remoto, possono seguire la discussione ma non intervenire direttamente all’assemblea, dovendo esprimere il voto “a distanza”;
- svolgere l’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione. Mezzi che possono ritenersi sostitutivi della partecipazione in presenza, poiché garantiscono non solo l’identificazione dei partecipanti ma anche il loro diretto intervento all’assemblea.

Nell’escludere l’esistenza di vizi nella convocazione, i giudici veneziani osservano come, al fine di tutelare pienamente il diritto di intervento del socio, l’avviso di convocazione debba, nel primo caso, prevedere in modo chiaro le modalità di esercizio del diritto di voto. Tale necessità sfuma nell’ipotesi della videoconferenza, ossia mediante l’utilizzo di piattaforme o di programmi che consentano una diretta interazione dei partecipanti, dove il voto - salvo diversa espressa indicazione - non viene espresso in forma elettronica, ma in forma verbale, come accadrebbe se l’assemblea si tenesse in presenza.

Venivano rigettate anche le contestazioni relative alla verbalizzazione dell’assemblea osservandosi, tra l’altro, come, quando da essa si evinca sia la presenza di due soci titolari ciascuno del 33% del capitale sociale, sia l’adozione della deliberazione, non possa che desumersi che essi abbiano votato a favore, non potendosi, diversamente, reputare raggiunto il quorum previsto per l’approvazione.

Di conseguenza, l’omessa verbalizzazione di quale sia il voto espresso da ciascun socio potrebbe, al più, dare luogo a una irregolarità formale della delibera; irregolarità che, tuttavia, costituirebbe violazione dei doveri del verbalizzante quale presidente dell’assemblea e non quale amministratore, non integrandosi, dunque, una irregolarità tale, di per sé sola, da legittimare la richiesta revoca.

Neppure è ravvisata una grave irregolarità nella scelta di iscrivere la società come inattiva, mentre, in concreto, proseguiva l’attività di locazione di immobili produttivi. Si trattava, infatti, della mera conseguenza di una qualificazione operata dalla Camera di Commercio che, avendo ritenuto l’attività di locazione come di mero godimento dei frutti del bene locato – e quindi non direttamente produttiva di beni o servizi – aveva, appunto, iscritto la società al Registro delle imprese come inattiva.

È considerato, infine, del tutto ragionevole il fatto che ad un amministratore si possa chiedere anche lo svolgimento di un’attività estranea alla gestione (nella specie, quella di consulenza fiscale fornita tramite una struttura con la quale collaborava come dottore commercialista) da remunerare a parte.
In conclusione, entrambe le domande del socio attore – sia quella sulla revoca che quella risarcitoria – sono rigettate.

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