La protesta estemporanea dai modi violenti e intimidatori non è sciopero
Impedire ad altri lavoratori di eseguire la propria prestazione costituisce violazione dei limiti esterni
Il diritto di sciopero non incontra limiti diversi da quelli propri della ragione storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti; pertanto, non si ha sciopero se non in presenza di un’astensione dal lavoro decisa e realizzata collettivamente per la tutela di interessi comuni; sono comunque vietate le forme di attuazione che assumano modalità delittuose, in quanto lesive, in particolare, dell’incolumità e della libertà delle persone, di diritti di proprietà o, ancora, della capacità produttiva delle aziende.
In tal senso si è espressa la Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 165 del 15 aprile 2025, sulla base dei medesimi principi fatti propri dalla recente pronuncia della Cassazione n. 11347/2025 (si veda “Diritto di sciopero limitato solo dalla tutela di diritti di pari rango costituzionale” del 2 maggio 2025).
In tale occasione la Suprema Corte aveva riconosciuto la natura di sciopero alla condotta di alcuni lavoratori che si erano astenuti, per circa un’ora, dallo svolgimento della propria prestazione lavorativa; non così i giudici di merito che, pur fondando la loro argomentazione sui medesimi principi di diritto, giungono a conclusioni opposte.
È bene, quindi, esaminare con cura il caso concreto posto all’attenzione della Corte d’Appello di Bologna, che traeva origine dal licenziamento di un gruppo di lavoratori, irrogato per aver interrotto la prestazione lavorativa ed essersi impossessati dei carrelli di movimentazione delle merci, impedendo ad altri colleghi di svolgere la loro prestazione lavorativa.
Poiché il giudice di prime cure rigettava il ricorso dei lavoratori, questi ultimi presentavano appello.
In particolare, i prestatori di lavoro sostenevano che l’astensione dall’attività lavorativa dovesse considerarsi quale vero e proprio sciopero, attuato come gesto di solidarietà nei confronti di un collega che, all’inizio della giornata lavorativa in cui si sviluppava la protesta, aveva ricevuto una contestazione disciplinare con sospensione cautelativa dall’attività lavorativa.
I lavoratori, al contempo, precisavano come, in realtà, l’attività degli altri dipendenti non fosse stata ostruita, nonché come alcun comportamento violento o, comunque, intimidatorio, fosse stato realizzato.
Del tutto diversa la ricostruzione dei fatti offerta dal datore di lavoro. Quest’ultimo evidenziava, infatti, come i lavoratori avessero realizzato, senza alcun preavviso né legittima spiegazione, un’azione improvvisa, “dichiaratamente intimidatoria”, consistita nella presa di possesso dei carrelli di movimentazione merci, diretta a paralizzare l’attività del magazzino. Azione che si sarebbe estrinsecata mediante minacce e sbeffeggi aggressivi e violenti, nei confronti dei lavoratori che si avvicinavano e tentavano di usare i mezzi. Secondo il datore, il richiamo al diritto di sciopero non era altro che una “scusa postuma”, diretta a giustificare un comportamento illegittimo.
La Corte d’Appello di Bologna accoglie la tesi datoriale. Richiamando numerosi precedenti di legittimità in materia (cfr. Cass. nn. 23552/2004, 24653/2015 e 6787/2024), i giudici di seconde cure sottolineano come lo sciopero sia un diritto individuale del lavoratore benché suscettibile di esercizio in forma collettiva in quanto diretto a proteggere un interesse, appunto, collettivo. Pertanto, ancorché per l’attuazione dello stesso non si richieda una formale proclamazione né una preventiva comunicazione al datore di lavoro, è necessario che l’astensione dal lavoro sia collettivamente concordata, a prescindere da chi prenda l’iniziativa della sua attuazione. L’elemento della deliberazione collettivamente assunta è fondamentale, in quanto funzionale a dar conto proprio della diffusività dell’interesse e della natura collettiva dell’azione dimostrativa. Diversamente, ove la decisione dell’astensione e delle modalità di esecuzione dello sciopero siano lasciate totalmente ai singoli interessati, senza una loro predeterminazione, il datore di lavoro potrebbe essere esposto all’impossibilità di prevenire eventuali rischi per la salute di tutti i lavoratori ovvero per la produttività aziendale.
Ciò assunto, la Corte bolognese statuisce – sulla base delle risultanze probatorie che confermavano la ricostruzione datoriale – come l’astensione non fosse configurabile quale sciopero, quanto, piuttosto, come forma di protesta estemporanea, solo successivamente inquadrata come astensione collettiva; quand’anche la si volesse considerare tale, aggiunge la pronuncia, risulterebbe comunque esercitata con modalità illegittime, in violazione dei limiti esterni stabiliti dalla giurisprudenza ai fini della legittimità dell’esercizio del diritto. Infatti, l’impossessamento dei beni aziendali e l’atteggiamento minaccioso e pregiudizievole nei confronti dei colleghi, rendevano lo sciopero illegittimo, in quanto posto in essere ledendo i pari diritti degli altri lavoratori.
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