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IMPRESA

Nella bancarotta la tutela penale ruota intorno ai creditori

La Cassazione chiede di valutare il pericolo concreto che deriva dalla distrazione

/ Maria Francesca ARTUSI

Sabato, 14 giugno 2025

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Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare è un reato di pericolo concreto, in quanto l’atto di depauperamento – incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale – deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l’apertura della procedura fallimentare.

Pertanto, ai fini della prova del reato, il giudice non può basarsi soltanto sulla mera constatazione dell’esistenza dell’atto distrattivo in quanto tale, ma deve valutare la qualità del distacco patrimoniale.
Nel caso affrontato dalla sentenza n. 22383, depositata ieri dalla Cassazione penale, l’obiezione difensiva era proprio riferita alla mancanza di pericolosità, in forza del valore quasi nullo della massa attiva ritenuta dolosamente distratta ed alla non adeguata considerazione di tale variabile da parte del giudice d’appello.

I giudici di legittimità sposano l’esegesi più aderente a una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, ritenendo che tale delitto può essere integrato non già dalla sottrazione di ricchezza in quanto tale, ma solo laddove venga distratta quella concretamente idonea a recare danno alle pretese dei creditori, e cioè a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale dei crediti verso l’impresa.

La giurisprudenza penale ha, infatti, disegnato nelle sue più recenti pronunce il paradigma del delitto previsto dall’art. 216 comma 1 n. 1 prima parte del RD 267/42, secondo lo schema del reato di pericolo concreto, con particolare riguardo alla condotta dell’imprenditore che abbia distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte i suoi beni (cfr. Cass. n. 17819/2017 e Cass. n. 38396/2017). Viene così richiesto che la valutazione del pericolo sia condotta con giudizio “ex ante” (ancorché al momento della declaratoria dello stato di insolvenza) con riferimento agli atti depauperativi compiuti nella c.d. zona di rischio penale e alla qualità oggettiva della distrazione, ancorché realizzata in un tempo lontano dal fallimento, se particolarmente condizionante in negativo le sorti future della società (Cass. n. 28941/2024 e Cass. n. 18517/2018).

Tale orientamento si muove nel senso dell’abbandono delle posizioni “che schiacciano in termini assertivi la prospettiva della ricerca della prova del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare sul punto genetico del distacco, senza esplorare ed approfondire i caratteri qualitativi di tale distacco patrimoniale”. In quest’ottica, l’offesa provocata dal reato non può ridursi – come detto al mero impoverimento dell’asse patrimoniale dell’impresa, ma deve essere rapportata alla diminuzione della consistenza patrimoniale idonea a danneggiare le aspettative dei creditori, nella prospettiva che la tutela penale ruota intorno ai creditori. Viene, dunque, ribadito il rifiuto di qualsiasi ricostruzione della fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale come reato di “pericolo presunto”, vale a dire come ipotesi criminosa che si affidi ad una catena di presunzioni fondate sulla rimproverabilità della esposizione a pericolo del patrimonio, destinate a divenire reato fallimentare solo con la successiva declaratoria giudiziale.

Il pericolo previsto dalla bancarotta pre-fallimentare – che è anche l’evento giuridico del reato, come precisato dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 21039/2011 – non può che essere correlato alla idoneità dell’atto di depauperamento a creare una lesione alla integrità della garanzia dei creditori (non come singoli, ma come categoria) in caso di apertura di procedura concorsuale. L’analisi deve riguardare in primo luogo l’elemento oggettivo, per investire poi in modo omogeneo l’elemento soggettivo e deve poggiare su criteri “ex ante”, in relazione alle caratteristiche complessive dell’atto stesso e della situazione finanziaria della società; laddove l’“anteriorità” di regola è tale relativamente al momento della azione tipica, senza però che sia esclusa dalla valutazione la permanenza o meno della stessa situazione, fino all’epoca che precede l’atto di apertura della procedura e senza, comunque, che possano acquisire rilevanza, nella prospettiva che qui interessa, fattori non imputabili, come un tracollo economico.

In definitiva, secondo la Cassazione, la questione che avrebbe dovuto essere affrontata nel caso di specie dalla Corte di Appello riguarda un puntuale scrutinio dell’esatta dimensione della distrazione (anche verificando se effettivamente si trattasse qui di bancarotta pre-fallimentare o post fallimentare). Per tale ragione, in vista del rinnovato giudizio di merito, viene richiesto, in primo luogo, di ricostruire esattamente le modalità della tempistica della contestata condotta distrattiva; e, a seguire, ove dovesse determinarsi nel senso della bancarotta pre-fallimentare, di procedere alla verifica di pericolosità in concreto e “prognostica” delle condotte distrattive dei beni della società fallita.

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