ACCEDI
Martedì, 19 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

IMPRESA

Riabilitazione ed estinzione del reato non equiparabili per l’esdebitazione del debitore

Il patteggiamento vale quanto la sentenza di condanna

/ Francesco DIANA

Martedì, 19 agosto 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Nell’ambito della liquidazione giudiziale, il debitore può accedere al beneficio dell’esdebitazione a condizione che, tra l’altro, non ricorrano le condizioni ostative di cui all’art. 280 del DLgs. 14/2019.
Tra queste, rileva la condanna del debitore con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa (art. 280 comma 1 lett. a) del DLgs. 14/2019).

Di contro, l’ostacolo viene meno nel caso in cui per tali reati sia intervenuta la successiva riabilitazione del debitore ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.

Il debitore, nel caso in cui sia ricorso al c.d. patteggiamento e purché ricorrano le condizioni richieste dall’art. 445 comma 2 c.p.p., può beneficiare della c.d. estinzione del reato e, conseguentemente, di tutti i suoi correlati effetti penali.
L’estinzione del reato, tuttavia, non può in alcun modo essere equiparata all’istituto della riabilitazione quale condizione per il superamento della condizione ostativa rappresentata della sentenza penale di condanna passata in giudicato per i reati previsti dall’art. 280 comma 1 lett. a) del DLgs. 14/2019.
In tal senso si è espressa la Cassazione con le sentenze nn. 18520 e 18517 del 7 luglio 2025, sebbene con riferimento alla previgente disciplina di cui all’art. 142 comma 1 n. 6 del RD 267/1942.
L’esplicito e preciso riferimento della norma all’istituto della riabilitazione esclude ogni interpretazione estensiva che possa ricomprendere altre fattispecie come, ad esempio, quella dell’estinzione del reato.

Parimenti, anche l’affidamento del debitore in prova al servizio sociale ex art. 47 della L. 354/1975 (c.d. legge sull’ordinamento penitenziario) non può essere equiparato alla riabilitazione, posto che si tratta di una misura alternativa alla detenzione, il cui scopo è che la pena principale sia scontata in altra forma (Cass. n. 2461/2025); anche quando l’affidamento sia stato superato positivamente, della relativa condanna dovrà tenersi conto ai fini dell’esdebitazione (Cass. n. 18517/2025).
Come chiarito, infatti, la riabilitazione presuppone la preventiva espiazione ovvero l’estinzione della pena principale, premiando la buona condotta tenuta dal condannato entro un predeterminato periodo, allo scopo di favorire un suo reinserimento nel tessuto economico e sociale.

La Corte interviene anche sul tema della equiparazione tra la sentenza di condanna passata in giudicato e quella di applicazione della pena su richiesta delle parti, c.d. patteggiamento; in linea con la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24509/2021) e di merito già consolidata (Trib. Milano 29 febbraio 2024, App. Venezia 13 aprile 2023 e Trib. Milano 1° febbraio 2018), le pronunce (di condanna e di patteggiamento), alla luce del disposto di cui all’art. 445 comma 1-bis ultimo periodo c.p.p., devono ritenersi entrambe ostative per il riconoscimento del beneficio dell’esdebitazione.

In generale, per i giudici, al genus delle sentenze di condanna sono riconducibili tutte le pronunce da cui deriva l’irrogazione di una pena, indipendentemente dal rito che ha condotto alla loro emanazione.
Pertanto, sono assimilabili non solo le sentenze di condanna emesse a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato, ma anche il decreto penale di condanna ovvero la pronuncia di patteggiamento.

Affinché la condanna rilevi è indispensabile, tuttavia, che si realizzi una condizione ulteriore: la condotta punita deve riferirsi a un delitto – tra quelli tassativamente previsti – compiuto in connessione con l’esercizio dell’attività di impresa; di conseguenza, irrilevanti dovrebbero essere le condotte e le attività compiute in proprio dal debitore o in nome e per conto di altro imprenditore individuale o collettivo.
Ciò che rileva, pertanto, è che il delitto sia stato commesso in connessione (e non in semplice rapporto di occasionalità) con l’attività di impresa ovvero in un legame di presupposizione tra il reato e l’attività stessa (Cass. n. 10080/2019): il reato non può prescindere dall’attività di impresa e la sua commissione è servita o serve ad agevolarla (Cass. n. 2461/2025).

Nel caso in cui il procedimento penale sia ancora in corso ovvero vi sia stata l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui al DLgs. 159/2011, il tribunale rinvia la decisione sull’esdebitazione all’esito del relativo procedimento (art. 280 comma 1 lett. a) ultimo periodo del DLgs. 14/2019).

TORNA SU