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Giovedì, 17 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Non qualsiasi disposizione dei beni è sottrazione fraudolenta

La condotta deve caratterizzarsi per la natura simulata dell’alienazione del bene o la natura fraudolenta degli atti compiuti sui propri o sugli altrui beni

/ Maria Francesca ARTUSI

Giovedì, 17 luglio 2025

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Non integra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte la condotta di chi, pur nella pendenza della procedura esattoriale, si limiti a disporre dei propri beni.
Per configurare la responsabilità penale ai sensi dell’art. 11 del DLgs. 74/2000 non basta l’effettivo avvio di un qualsiasi accertamento fiscale, essendo necessario che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale. Si tratta, cioè, di un reato di pericolo concreto, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria, a prescindere dalla sussistenza di un’esecuzione esattoriale in atto (cfr., tra le altre, Cass. n. 46975/2018).

Il bene giuridico protetto dalla norma va, in tal senso, individuato nella garanzia generica patrimoniale offerta al Fisco dai beni dell’obbligato, tenuto conto che il debitore, ex art. 2740 c.c., risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

Con la sentenza n. 26095 depositata ieri, la Corte di Cassazione evidenzia come, a ben vedere, la “tenuta” anche costituzionale – in particolare sotto il profilo del principio di offensività – della configurabilità in chiave di pericolo dell’illecito appare garantita dalla necessità che la condotta volta alla sottrazione del bene si caratterizzi per la natura simulata dell’alienazione del bene o per la natura fraudolenta degli atti compiuti sui propri o sugli altrui beni. In altre parole, solo un atto di disposizione del patrimonio che si caratterizzi per tali modalità, strettamente tipizzate dalla norma, può essere idoneo a colpire le legittime aspettative dell’Erario. Diversamente verrebbe sanzionata, in contrasto con il diritto di proprietà costituzionalmente garantito, ogni possibile condotta di disponibilità dei beni, allo stesso diritto di proprietà strettamente connaturata.

Viene aggiunto, inoltre, dai giudici di legittimità che non necessariamente le condotte, pur caratterizzate dalle indicate modalità simulatorie o fraudolente, sono per ciò solo idonee “a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”. Il fatto che il legislatore abbia aggiunto espressamente un tale requisito come elemento costitutivo del fatto, pur in presenza di condotte decettive, rende evidente che l’idoneità non si identifica con la realizzazione di un’alienazione simulata o di un atto fraudolento, non potendo l’accertamento della sussistenza del requisito prescindere da una valutazione dell’intero patrimonio del contribuente da rapportarsi alle pretese dell’Erario, ben suscettibili di essere infatti ugualmente garantite pur in presenza della realizzazione di atti simili.

Deve prodursi una riduzione significativa della garanzia

Il rischio che la pretesa tributaria non trovi capienza nel patrimonio del debitore presuppone, dunque, che la diminuzione causata dall’atto realizzato comporti una riduzione significativa della garanzia, da valutare sia in relazione al credito, sia in relazione al patrimonio del contribuente.
A ragionare diversamente, del resto, diverrebbe impossibile, se non integrando reato, per qualunque soggetto che fosse debitore verso l’Erario di una somma superiore a 50.000 euro, e pur titolare di un patrimonio di gran lunga più consistente, compiere atti di disposizione del proprio patrimonio.

In definitiva, viene affermato che all’anticipazione della soglia di rilevanza penale della condotta, collocata in un momento nel quale l’obbligazione tributaria può non essere ancora sorta, deve necessariamente corrispondere una stretta interpretazione dei requisiti della condotta, configurante reato unicamente laddove si sia in presenza di vendita simulata o di altri atti fraudolenti idonei, nel senso appena rammentato, a porre in pericolo la pretesa tributaria.

Nel caso all’esame della sentenza in commento viene pertanto annullato il sequestro nei confronti del legale rappresentante di una srl (società tra avvocati) proprio perché, pur avendo ampiamente motivato in ordine al requisito della fraudolenza degli innumerevoli atti di disposizione patrimoniale compiuti, il Tribunale avrebbe dovuto preliminarmente spiegare perché il patrimonio del ricorrente, del valore certamente non inferiore a 29 milioni di euro, non fosse idoneo a garantire la (di gran lunga inferiore) pretesa dell’Erario.

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