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LAVORO & PREVIDENZA

Minimale contributivo in base al CCNL siglato dai sindacati più rappresentativi

Gli accordi di prossimità non possono porsi in contrasto con la disciplina che individua il livello minimo di retribuzione ai fini contributivi

/ Federico ANDREOZZI

Giovedì, 17 luglio 2025

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Per la determinazione del minimale contributivo, con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale, si deve far riferimento alla retribuzione spettante ai lavoratori di un determinato settore in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, secondo quanto disposto dall’art. 1 comma 1 del DL 338/89, senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 Cost., che sono rilevanti soltanto quando a detti contratti si ricorre ai fini della determinazione della giusta retribuzione. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19467 del 15 luglio 2025.

La controversia originava dall’opposizione presentata da una società avverso l’avviso di addebito emesso nei confronti della stessa dall’INPS, con il quale veniva richiesto il pagamento di contributi – per una somma superiore a 300.000 euro – dovuti alla gestione lavoratori dipendenti per un periodo compreso tra febbraio 2012 e dicembre 2013, determinati in forza della retribuzione minima prevista dal CCNL - Terziario, anziché in base al CCNL - Multiservizi FISE UNCI applicato dalla società e derogato da un contratto di prossimità siglato nel gennaio del 2012.

Già i giudici di merito avevano respinto le doglianze dell’impresa, che aveva invocato l’applicazione del CCNL - Multiservizi quale contratto collettivo applicabile ai fini della determinazione dell’imponibile contributivo: secondo i giudici di prime e di seconde cure, la scelta del contratto collettivo non poteva che ricadere sul CCNL - Terziario, individuato in forza del disposto di cui all’art. 2070 c.c. e in considerazione di quanto statuito dall’art. 1 del menzionato DL 338/89.

A fronte di ciò, l’impresa presentava ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’erronea applicazione del CCNL - Terziario al caso in esame, in considerazione delle attività svolte dall’impresa, con particolare riferimento a quelle promozionali e di call center, riconducibili, a detta della società, alle declaratorie contenute nel CCNL - Multiservizi.

Inoltre, l’impresa sottolineava come non potesse non tenersi conto della comune volontà delle parti circa l’applicazione del menzionato CCNL, “almeno quale parametro di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost.“.
La Cassazione, investita della controversia, conferma le pronunce dei giudici di merito.

In particolare, dopo aver richiamato il disposto di cui all’art. 1 comma 1 del DL 338/89, in forza del quale la base di calcolo dei contributi previdenziali deve essere commisurata alla retribuzione stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, i giudici di legittimità chiariscono come nell’operare una distinzione tra l’individuazione del CCNL applicabile nei rapporti fra datore e lavoratore sotto il profilo economico-retributivo e del CCNL posto alla base degli obblighi previdenziali – rilevante, invece, nel rapporto fra datore e INPS –, sia necessario effettuare un raffronto con la disposizione contenuta nell’art. 2070 c.c., che fornisce il criterio per individuare il settore dell’attività svolta dall’impresa: ai fini dell’applicazione di un determinato CCNL, l’appartenenza alla categoria professionale si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore.

Alla luce di ciò, la Suprema Corte chiarisce come la retribuzione da assumere a parametro per la determinazione dei contributi previdenziali (c.d. minimale contributivo) ex art. 1 comma 1 del DL 338/89, sia quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nel settore di attività effettivamente svolta dall’impresa ai sensi dell’art. 2070 c.c., “dovendosi far riferimento ad un criterio oggettivo e predeterminato che non lasci spazio a scelte discrezionali o a processi di autodeterminazione normativa”; viceversa, dette scelte restano possibili in relazione al trattamento economico e normativo dei lavoratori nei limiti dell’art. 36 Cost.

I giudici di legittimità rilevano, inoltre, con riferimento ai contratti di prossimità adibiti, di norma, ad integrare il contratto collettivo per meglio rispondere ai bisogni della singola impresa, come, ai fini del calcolo del minimale contributivo, la contrattazione aziendale non possa derogare in pejus al livello retributivo assunto dall’art. 1 della L. 389/89, essendo la materia previdenziale indisponibile e soggetta a regolamentazione tramite norme imperative di legge statale.

Nel caso di specie, quindi, l’accordo di prossimità non può essere considerato idoneo ad individuare il parametro del minimale contributivo, non potendo porsi in contrasto con la disciplina normativa primaria ai fini della individuazione di un livello garantito di retribuzione utile ai fini contributivi, derogandola in pejus.

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