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FISCO

Riconoscimento forfetario dei costi in tutti gli accertamenti presuntivi

La Cassazione applica il principio della sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2023

/ Alfio CISSELLO

Giovedì, 17 luglio 2025

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La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 19574/2025, ha sancito, senza mezzi termini, che il riconoscimento forfetario dei costi opera in caso di accertamento analitico-induttivo ai sensi dell’art. 39 comma 1 lett. d) del DPR 600/73, nella misura in cui siano stati accertati maggiori ricavi.

In base all’orientamento tradizionale, si riteneva che solo in caso di accertamento induttivo c.d. “puro” (art. 39 comma 2 del DPR 600/73) fosse possibile il riconoscimento forfetario dei costi, mentre nel c.d. analitico-induttivo operasse la regola desumibile dall’art. 109 del TUIR. In poche parole, il contribuente doveva sempre dimostrare l’avvenuto sostenimento dei costi.

Sul tema è intervenuta la sentenza n. 10/2023 della Corte Costituzionale, che, in riferimento agli accertamenti presuntivi derivanti dalle movimentazioni bancarie non giustificate, ha stabilito che occorre riconoscere una quota forfetaria di costi parametrata ai maggiori ricavi accertati.
Il ragionamento è alquanto lineare: se il riconoscimento forfetario dei costi deve avvenire nell’induttivo puro (ove, tra i fattori che lo legittimano, compare la generale inattendibilità della contabilità), ciò a maggior ragione deve valere nell’accertamento analitico-induttivo, che, ragionando a contrario, postula la complessiva attendibilità della contabilità.
In caso contrario verrebbero premiati i contribuenti che hanno tenuto una condotta meno trasparente con il Fisco, considerato il carattere inattendibile della loro contabilità.

Questo principio, come osservato da più parti, non può che valere per ogni ipotesi di accertamento presuntivo. Nel caso oggetto della pronuncia n. 19574, si trattava di ricavi determinati sulla base di documentazione extracontabile.
Nel momento in cui, salvo il caso degli accertamenti analitici (si pensi al ricavo emergente da una fattura trasmessa con il sistema di interscambio e per errore non dichiarato), il Fisco determina maggiori ricavi occorre riconoscere una quota di costo.

Si pensi agli accertamenti basati sulle percentuali di ricarico, sul c.d. tovagliometro, o agli accertamenti in cui viene disconosciuto il carattere non commerciale di un ente, che, essendosi qualificato come tale, magari non ha mai avuto necessità di dedurre costi, ancorché sostenuti.
Ovviamente, l’entità del riconoscimento forfetario dei costi dipende dalla natura dell’attività esercitata. Un parametro utile ad esempio in sede di adesione o di conciliazione giudiziale può essere il costo normalmente sostenuto dall’impresa per una certa attività, ma è arduo fornire criteri generali.

Il discorso è diverso per l’IVA

La tematica è diversa per l’IVA, ambito in cui, ai fini del riconoscimento della detrazione, resta necessaria la prova, da parte del contribuente, che i costi siano riconducibili a operazioni imponibili effettivamente realizzate (da ultimo cfr. Cass. 2 marzo 2025 n. 5486).

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