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FISCO

Dividendi «non black» con tassazione congrua alla distribuzione

Duplice test, alla maturazione e all’incasso, in vigenza dei criteri dell’art. 47-bis del TUIR

/ Gianluca ODETTO

Martedì, 22 luglio 2025

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La risposta a interpello n. 191/2025 ha chiarito che, per i dividendi di fonte estera prodotti e incassati in vigenza dei criteri stabiliti dall’art. 47-bis del TUIR al fine di distinguere tra partecipate a fiscalità ordinaria o a fiscalità privilegiata, il test del livello di imposizione effettiva deve essere superato sia nell’esercizio di maturazione degli utili, sia nell’esercizio della loro distribuzione.
Nel caso in cui il test fallisca, inoltre, i dividendi possono essere riportati al loro regime naturale (l’imposizione nel limite del 5%) se si rientra nella casistica della c.d. “seconda esimente”, ai fini della quale viene considerato anche il prelievo delle ritenute sui dividendi operato dallo Stato estero.

L’interpello riguarda una holding italiana, titolare di una partecipazione di controllo in una società estera operante nel settore turistico, la quale cede nel 2025 un resort alberghiero con realizzo di una plusvalenza, la quale confluisce nell’utile destinato alla distribuzione (non si specifica in quale anno).

L’interesse della risposta n. 191/2025 sta nel fatto per cui, nel recente passato, gli interventi dell’Agenzia delle Entrate hanno in genere preso in considerazione i profili intertemporali della problematica, analizzando le situazioni in cui i criteri di individuazione dei paradisi fiscali erano diversi tra l’anno di produzione degli utili e l’anno della loro distribuzione.
Diversamente, nel caso esaminato dalla risposta in esame tali criteri sono i medesimi (si tratta dei criteri menzionati nell’art. 47-bis comma 1 del TUIR) e, conseguentemente, le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate possono dirsi ragionevolmente rappresentative della situazione “a regime”, in cui gli utili sono prodotti dal 2019 in poi (il tutto, naturalmente, a condizione che tale linea interpretativa possa confermarsi).

Riprendendo le considerazioni della circ. n. 35/2016 (§ 3.2) e adattandole all’attuale contesto, la riposta precisa che la natura privilegiata dello Stato estero dovrebbe essere verificata al momento della percezione degli utili da parte del socio italiano e, se questo test è superato, anche al momento della loro formazione.

La soluzione è, quindi, in parte diversa rispetto a quella adottata dall’art. 1 comma 1007 della L. 205/2017, il quale fa in sostanza salva la natura di utile “ordinario” se al momento della sua produzione la normativa così prevedeva e vi sono stati mutamenti nei criteri valevoli a tali fini, e dal principio di diritto dell’Agenzia delle Entrate n. 17/2019, il quale aveva evidenziato che ciò doveva ritenersi non applicabile nell’ipotesi inversa, in cui gli utili sono maturati nel momento in cui la partecipata doveva considerarsi a fiscalità privilegiata, ma sono stati successivamente incassati in un momento in cui la società non doveva più considerarsi tale.

Nella situazione considerata, non essendo superato il test sul periodo di formazione degli utili (trattasi dell’ETR test, in quanto la partecipazione assicura il controllo), gli stessi dovrebbero concorrere integralmente alla formazione del reddito del socio (e ciò, pare di comprendere, indipendentemente da quanto avverrà nel periodo della loro distribuzione).

Ciò può essere evitato dimostrando, a norma dell’art. 89 comma 3 del TUIR, che sin dall’inizio del periodo di possesso dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi nello Stato a regime privilegiato.
In relazione a questo specifico aspetto, alcuni chiarimenti sono in linea con quanto già in passato evidenziato. Nella premessa che l’esimente può essere valutata in sede di controllo o di interpello probatorio (soluzione, quest’ultima, ristretta nell’attuale contesto), l’Agenzia delle Entrate richiama allo scopo la risposta a interpello n. 254/2019, secondo la quale nella valutazione del livello di tassazione complessivamente gravante sugli utili distribuiti vanno considerate anche le ritenute in uscita che gravano sui soci non residenti (pur non essendovi una indicazione specifica, il medesimo principio è stato riaffermato di recente dalla risposta n. 131/2025).

Non coerente con talune indicazioni del passato pare invece la valutazione dell’ambito temporale cui riferire la “seconda esimente”, legata alla congruità del carico fiscale complessivo: a dispetto della formulazione letterale delle norme in materia, le quali menzionano l’intero periodo di possesso delle partecipazioni, la Relazione illustrativa al DLgs. 142/2018, ripresa dalla richiamata risposta a interpello n. 254/2019, aveva chiarito che la dimostrazione deve essere fornita con esclusivo riferimento ai periodi d’imposta in cui gli utili si considerano a fiscalità privilegiata.

Nella risposta n. 191/2025 si precisa invece che, per tutti i periodi d’imposta in cui sono state detenute le partecipazioni anteriori al 2025 (anno in cui matura l’utile da mettere in distribuzione) la partecipata ha superato l’ETR test, dal che sembrerebbe che la seconda esimente prenda in considerazione anche tali annualità. Tale verifica dovrebbe però agire “a monte”, ai fini della valutazione della partecipata come società a fiscalità ordinaria in tali periodi d’imposta, e non “a valle”, ai fini della dimostrazione della seconda esimente (ai cui fini dovrebbe, al contrario, essere monitorato il solo 2025).

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