Operativo il protocollo quadro per le emergenze climatiche
Pubblicato dal Ministero del Lavoro l’apposito decreto di recepimento
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato ieri nella sezione “Pubblicità legale” del proprio sito il DM n. 95 del 9 luglio 2025, con il quale è stato recepito il protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legate alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro.
Il protocollo in questione è stato sottoscritto lo scorso 2 luglio dal Ministero del Lavoro e dalle organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e dei lavoratori (si veda “Nella valutazione dei rischi anche tutele contro le emergenze climatiche” del 4 luglio 2025) e costituisce, attraverso una cornice di buone prassi, la base dalla quale partire per futuri accordi a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la prevenzione e la tutela dei lavoratori durante le emergenze climatiche.
L’accordo prevede quindi l’adozione di un decreto ministeriale di recepimento e di ulteriori atti normativi, anche con riferimento agli ammortizzatori sociali.
In tal senso, l’art. 2 del DM 95/2025 attribuisce ai datori di lavoro il compito di trasmettere alla Sede INPS competente per territorio gli accordi sottoscritti a livello territoriale con la parte sindacale in attuazione del protocollo, che prevedono l’erogazione di misure di integrazione salariale volte a fronteggiare eccezionali situazioni climatiche.
Per quanto riguarda il protocollo del 2 luglio 2025, presente in allegato al decreto in commento, le Parti firmatarie hanno inteso evidenziare come il cambiamento climatico rappresenti una minaccia specialmente per alcuni contesti lavorativi nei quali sono previste mansioni dove è richiesto lo svolgimento di lavorazioni non solo in ambienti all’aperto (c.d. “outdoor”), ma anche in ambienti al chiuso (c.d. “indoor”), in condizioni non adeguate al rispetto dei criteri minimi di tutela.
Per quanto riguarda gli aspetti eminentemente operativi, si stabilisce che i datori di lavoro, fermo restando l’obbligo di dare completa attuazione alla normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro ex DLgs. 81/2008, debbano riferirsi agli accordi attuativi del protocollo quadro eventualmente stipulati in sede nazionale di categoria, territoriali o aziendali, per la condivisione delle esigenze di contenimento dei rischi derivanti dalle emergenze climatiche, tra le quali l’esposizione ad alte temperature, nell’ottica di una piena tutela delle condizioni psicofisiche delle lavoratrici e dei lavoratori.
In particolare, si richiede che la valutazione del rischio prevista dall’art. 28 del citato DLgs. 81/2008 debba pertanto includere tutti i rischi per la salute e la sicurezza, anche in relazione a quanto disposto in materia di microclima dall’art. 180 del medesimo decreto.
Inoltre, nel medesimo protocollo quadro vengono altresì suggeriti alcuni possibili temi di intervento, in un quadro di buone prassi, volte a costituire base utile di confronto per l’azione che si potrà svolgere in appositi tavoli contrattuali in tema di prevenzione e protezione dei lavoratori e delle lavoratrici in caso di eventi straordinari legati ai cambiamenti climatici o anche in prospettiva di prevenzione di lungo periodo.
Tra questi temi si segnalano:
- l’informazione e la formazione;
- la sorveglianza sanitaria;
- l’abbigliamento (indumenti e dispositivi di protezione individuale);
- la riorganizzazione di turni e orari di lavoro.
Inoltre, nel protocollo in questione viene suggerita la possibilità di prevedere, per le imprese aderenti ai futuri accordi attuativi del protocollo stesso, criteri di premialità, che potranno essere riconosciuti dall’INAIL in relazione agli strumenti di incentivazione in materia di salute e sicurezza, attualmente vigenti.
Infine, vengono individuate alcune misure di supporto al protocollo, definite in base ad auspicati interventi ministeriali.
In sintesi, oltre alle già citate misure in materia di ammortizzatori sociali, vengono evidenziate le rimodulazioni dell’orario di lavoro, che non dovranno essere condizionate da possibili provvedimenti, nonché la possibilità di riconoscere limiti alla responsabilità delle imprese per eventuali danni derivanti da ritardo nella consegna dei lavori.
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