Confisca della merce solo se manca l’integrale pagamento dell’IVA all’importazione
L’Agenzia delle Dogane distingue tra merce sotto vigilanza doganale e non ed esamina anche il caso di evasione di dazi e IVA
Con la circolare n. 18/2025, l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli ha recepito gli orientamenti della sentenza della Corte Costituzionale n. 93/2025 in materia di IVA all’importazione, confisca amministrativa e principio di proporzionalità, offrendo una prima cornice operativa agli Uffici. Il provvedimento, di rilievo sistemico, interseca il diritto tributario, doganale e costituzionale, ponendo una riflessione sulla qualificazione dell’IVA all’importazione e sull’equilibrio tra potestà sanzionatoria e garanzie del contribuente.
La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 70 comma 1 del DPR 633/72 nella parte che prevede l’automatico rinvio alla disciplina sanzionatoria doganale (art. 301 del TULD, ora art. 96 delle DNC) anche per l’evasione dell’IVA all’importazione, senza considerare le specificità dell’imposta e del comportamento del contribuente. Pur confermando che l’IVA all’importazione è riscossa in dogana, la Consulta ne ha sottolineato la natura identica a quella interna, basata sul principio di neutralità fiscale e detraibilità. Questa assimilazione impone l’applicazione del principio di proporzionalità delle sanzioni anche in tale ambito, come previsto dal diritto nazionale e unionale per l’IVA interna. La Corte ha quindi operato una reductio ad legitimitatem della disciplina, affermando che la confisca della merce non è proporzionata se il contribuente ha già pagato integralmente l’IVA evasa, gli interessi e la sanzione.
Dopo la sentenza, l’Agenzia ha chiarito l’orientamento applicativo per gli accertamenti riguardanti esclusivamente l’IVA all’importazione, distinguendo due casi:
- merce sotto vigilanza doganale: laddove il contribuente adempia integralmente agli obblighi tributari e sanzionatori (anche con ravvedimento operoso), non si procede al sequestro ed è consentito lo svincolo della merce. È poi ammessa la dilazione dei pagamenti;
- merce non più sotto vigilanza (es. contrabbando ex art. 78 delle DNC o revisione accertamento): si procede al sequestro e alla redazione del PVC, ma con pagamento integrale successivo si dispone il dissequestro.
In entrambe le ipotesi, solo in mancanza del pagamento integrale l’Ufficio procederà alla confisca.
La circolare precisa che il principio di proporzionalità non si applica se sono accertati dazi e IVA congiuntamente o solo dazi. In tali casi, si richiama la circ. n. 13/2024 e la sentenza della Corte Ue causa C-489/20, secondo cui l’art. 124 par. 1 lett. e) del Codice doganale dell’Unione (Reg. Ue 952/2013), che prevede l’estinzione dell’obbligazione doganale in caso di sequestro e confisca, non si estende automaticamente alle obbligazioni tributarie collegate, come accise e IVA all’importazione. L’IVA, in particolare, diviene esigibile nel momento in cui la merce viene considerata immessa in consumo nello Stato membro, circostanza che si verifica in caso di introduzione irregolare. Pertanto, anche se la confisca estingue i dazi, il debito IVA resta dovuto. Anche qualora si provveda al pagamento della maggiore IVA, interessi e sanzioni, non si ha diritto al dissequestro o alla restituzione della merce, salvo riscatto ex art. 118 comma 8 delle DNC.
Questo approccio, però, solleva perplessità, soprattutto alla luce della logica del principio di proporzionalità. Si consideri, a titolo esemplificativo, il caso dell’importazione irregolare di un orologio da polso. In tale ipotesi: il dazio applicabile è pari a 0,80 euro per pezzo; l’IVA all’importazione si calcola invece sul valore totale e può ammontare a centinaia di euro, in funzione del prezzo del bene (22% del valore in dogana). A fronte di un dazio trascurabile, l’eventuale irregolarità doganale comporterebbe, alla luce dell’attuale interpretazione, il sequestro e la confisca obbligatoria dell’orologio. La reazione dell’ordinamento potrebbe configurarsi, in tal caso, eccessivamente afflittiva rispetto alla gravità dell’infrazione. Invece, nel caso di importazione di un’opera d’arte, classificabile tra i beni per cui non sono misure daziarie, non si darebbe luogo alle ipotesi sopracitate, comportando una dubbia asimmetria.
La circolare n. 18/2025 rappresenta un primo passo importante nel riallineamento del sistema sanzionatorio alla giurisprudenza costituzionale e unionale. Restano però aree di frizione, in particolare per le ipotesi miste (dazi+IVA) e per la perdurante applicazione della confisca obbligatoria, anche a fronte di comportamenti collaborativi del contribuente.
In questo contesto, appare forse opportuna una riconsiderazione, nell’ambito della riforma fiscale in corso, per definire in modo chiaro quando e come debba operare la confisca amministrativa, anche alla luce di elementi come la prevalenza del debito IVA rispetto ai dazi, nonché l’effettiva volontà riparativa del soggetto.
Infine, occorre interrogarsi sulle implicazioni di sistema che deriverebbero dalla considerazione della confisca come misura non estinguibile anche nei casi di ravvedimento: si rischia di produrre effetti antitetici agli obiettivi di compliance, precludendo strumenti di sanatoria o regolarizzazione e aprendo a un sistema sanzionatorio poco coerente con i principi costituzionali e unionali di equità e proporzionalità.
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