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Venerdì, 15 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Per dimostrare la stabile organizzazione l’onere della prova resta a carico dell’Ufficio

Non rileva l’utilizzo dell’accertamento induttivo

/ Diego ZUCAL

Venerdì, 15 agosto 2025

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Con la sentenza n. 19/2/24 del 10 maggio 2024, la C.G.T. di II grado di Bolzano ha applicato il fondamentale principio dell’onere della prova – che ha ricevuto nuova linfa a seguito della recente introduzione del comma 5-bis all’art. 7 del DLgs. n. 546/92 – in una fattispecie concernente il tema della stabile organizzazione materiale in Italia di una società straniera.

I presupposti costitutivi della stabile organizzazione materiale sono delineati all’interno dell’art. 162 del TUIR e sono così riassumibili: svolgimento abituale in Italia di un’attività economica; presenza di una sede fissa di affari nel territorio nazionale; diritto all’uso di tale sede fissa di affari da parte della società straniera. Tali presupposti devono sussistere cumulativamente e la loro dimostrazione grava sul Fisco.

Nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio, l’Amministrazione finanziaria ha contestato a una società tedesca, operante nel settore del commercio di autovetture, la presenza in Italia di una stabile organizzazione materiale, la cui sussistenza doveva ritenersi comprovata da: documentazione extracontabile rinvenuta nel pc portatile del legale rappresentante (residente in Italia) della società straniera; clientela della società tedesca quasi esclusivamente italiana.
La C.G.T. di II grado di Bolzano, confermando la decisione assunta dai giudici di primo grado, ha ritenuto siffatti elementi inidonei a dimostrate la fondatezza della pretesa impositiva.

Due sono i punti della pronuncia che meritano attenzione.
Il primo riguarda il tema dell’onere della prova. Il giudice di seconde cure, infatti, ha condiviso la motivazione del giudice di primo grado che, nell’annullare gli avvisi di accertamento, ha stabilito “a parere di questo Collegio la tesi dell’Ufficio, secondo cui esisterebbe una stabile organizzazione materiale in Italia (...) non è sorretta da valide argomentazioni né in diritto né in fatto e, soprattutto, non risulta sufficientemente provata come richiesto dall’art. 2697 c.c. e dal comma 5-bis dell’art. 7 D. Lgs. n. 546/1992”.

Gli elementi indiziari evidenziati dal Fisco sono stati, pertanto, ritenuti insufficienti ai fini della tassazione in Italia del reddito prodotto dalla società straniera. Ciò in quanto “le auto di detta società erano acquistate in Germania (fatto pacifico) e che, come plausibilmente spiegato ed adeguatamente documentato dai ricorrenti (doc. n. 6 e n. 7), la grandissima parte dei clienti si recavano a Grassau (D) per ivi visionare le autovetture e stipulare i relativi contratti di acquisto o di noleggio, versando poi il prezzo pattuito sul c/c bancario tedesco della...”.

Nella fattispecie, inoltre, non erano presenti i classici indici sintomatici della presenza di una stabile organizzazione in Italia “come p. es. la presenza di una segnaletica riferita alla società straniera e di beni strumentali necessari all’attività commerciale (Cass. n. 1977/2020), la dotazione della struttura italiana di significative risorse materiali ed umane (Cass. n. 32078/2018), la titolarità di conti bancari italiani in capo alla società estera ed il versamento su detti conti dei pagamenti da parte dei clienti (Cass. n. 1120/2013)”. Di qui la rilevata carenza probatoria degli atti impositivi impugnati.

La norma procedurale non può prevalere su quella sostanziale

Il secondo punto che merita menzione concerne il capo di sentenza in cui il Collegio ha replicato a quanto eccepito dall’Ufficio nell’atto di appello. È stato in verità sostenuto che, nella fattispecie, il Fisco non avrebbe dovuto sottostare ai normali criteri di ripartizione dell’onere della prova giacché, non avendo la stabile organizzazione presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, gli avvisi di accertamento erano stati emessi ai sensi dell’art. 39 comma 2 del DPR 600/73. Ricorrevano, dunque, le condizioni per un accertamento induttivo fondato su presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Sul punto la C.G.T. di II grado di Bolzano ha replicato: “a seguire la posizione del Fisco, si giungerebbe, infondatamente, a «far prevalere una norma procedurale di ricostruzione del reddito (l’art. 39, comma 2, DPR 600/1973) su una norma di carattere sostanziale (l’art. 162 TUIR, concernente l’istituto della stabile organizzazione)», atteso che «prima di sostenere che il reddito della stabile organizzazione ’non è stato indicato nella dichiarazione’ (con conseguente possibilità di operare l’accertamento induttivo) occorre ovviamente dare prova della presenza della stabile organizzazione in Italia» [...] si deve qui ragionare dei criteri ordinari di prova in relazione alla normativa di settore (il ripetuto art. 162 TUIR) – i quali, giova ribadirlo, nella specie non risultano comunque soddisfatti – e non di quelli previsti per l’accertamento induttivo (utilizzo di presunzioni prive di gravità, precisione e concordanza)”.

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