Cessione del quinto non conciliabile con l’esdebitazione del sovraindebitato incapiente
Il percettore di un trattamento pensionistico gravato da una trattenuta mensile acquisita da una banca per effetto di tale cessione non è incapiente
Il decreto del 2 luglio 2025, con cui il Tribunale di Ivrea ha rigettato un reclamo tempestivamente interposto da due debitori avverso il provvedimento di diniego dell’esdebitazione del sovraindebitato incapiente ex art. 283 del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII, nella vigente versione risultante dalle modifiche da ultimo apportate dal DLgs. 136/2024, “decreto correttivo-ter”), si distingue nell’oramai sempre più vasto panorama giurisprudenziale in materia di procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, perché offre a interpreti e operatori del settore un’interessante interpretazione della nozione di incapienza di cui all’art. 283 commi 1 e 2 del CCII.
L’istituto dell’esdebitazione del sovraindebitato incapiente disciplinato dall’art. 283 del CCII, diversamente dall’esdebitazione di cui all’art. 282 del CCII concessa in esito al decorso del triennio dall’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato ex artt. 268 ss. del CCII e “trattandosi di esdebitazione «a costo zero», ossia immediata e senza alcun pagamento dei crediti”, è sottoposto, in punto valutazione di ammissibilità, a stringenti requisiti, rimessi al prudente apprezzamento del giudice.
I requisiti da valutare con rigore sono, tra gli altri, quello dell’incapienza e della meritevolezza, i quali, come correttamente osservato dal Tribunale di Ivrea nel decreto in commento, “devono sussistere per legittimare, da un lato, il beneficio del debitore che viene esdebitato e, dall’altro, il sacrificio dei creditori, il cui credito diventa inesigibile nei confronti del debitore”.
Quanto all’incapienza, da un’attenta lettura dell’art. 283 commi 1 e 2 del CCII si può, rispettivamente, dedurre che la stessa sia una “condizione oggettiva”, ovverosia non dipendente dalla volontà del debitore, sia nella situazione attuale sia in una situazione futura, “in tale secondo caso secondo una prognosi prospettica che consenta di desumere che il soggetto si trovi nell’oggettiva impossibilità di generare utili distribuibili”, e che si tratti di una “condizione non assoluta”, che ricorre anche laddove il debitore abbia delle utilità, ma le stesse siano necessarie tanto alla produzione di un reddito, quanto al mantenimento proprio e della propria famiglia e non vi sia quindi spazio per una distribuzione ai creditori; solo nel caso in cui dette circostanze possano dirsi soddisfatte, il debitore potrebbe accedere al beneficio esdebitatorio di cui all’art. 283 del CCII, avendo soddisfatto il primo requisito previsto della norma.
Tanto chiarito, il decreto in esame si è soffermato sulla questione relativa al riconoscimento o meno della condizione di incapienza in capo al soggetto, percettore di un trattamento pensionistico, gravato, nei limiti di cui al DPR 180/1950, da una trattenuta mensile legittimamente acquisita da un istituto bancario, per effetto di una cessione volontaria del quinto.
Sul punto, il Tribunale di Ivrea ha ritenuto di poter offrire una risposta in senso negativo, sulla scorta della preliminare considerazione di principio per cui il fatto che la componente reddituale del debitore sia gravata da una trattenuta acquisita in forza di una cessione volontaria del quinto rappresenti, di per sé, una circostanza “già [...] incompatibile in astratto con l’istituto dell’esdebitazione”, il quale, al contrario, “presuppone che non via nulla di aggredibile nel patrimonio del debitore”.
Più specificamente, secondo il Tribunale, “in costanza di cessione del quinto [...] non si può affermare che non vi sia alcuna utilità per il ceto creditorio dal momento che la cessione formalmente aggredisce una quota di reddito che può essere messo a disposizione dei creditori nei limiti che sono già fissati della norma speciale di cui al DPR 180/1950”.
In altri termini, “l’ipotesi di cessione del quinto (convergente quanto alle trattenute ad un sostanziale aggressione – pignoramento del quinto) eccede l’istituto della esdebitazione del sovraindebitato incapiente e non sembra conciliabile con la procedura di cui all’art. 283 CCII” ove il debitore persona fisica deve essere meritevole e, nel contempo, impossidente, “[...] sicché per definizione non può essere titolare di diritti su beni sui quali i creditori possano aver agito in via esecutiva, ovvero pattuito una cessione del quinto”.
Non è, dunque, casuale che le misure protettive (segnatamente, la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata), contemplate, ad esempio, nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 70 comma 4 del CCII, non siano, al contrario, espressamente previste dall’art. 283 del CCII.
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