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Giovedì, 4 settembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

LAVORO & PREVIDENZA

La rinuncia all’indennità di mancato preavviso non fa venir meno l’obbligo contributivo

La volontà negoziale non può incidere sul diritto dell’Ente previdenziale al pagamento della contribuzione già maturata

/ Federico ANDREOZZI

Giovedì, 4 settembre 2025

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L’indennità sostitutiva del preavviso deve ritenersi assoggettata all’obbligo contributivo nel momento stesso in cui il licenziamento intimato senza il corrispondente periodo di preavviso acquista efficacia, restando irrilevante che il lavoratore licenziato rinunci ad essa. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24416/2025.

Nel caso di specie, in riforma della pronuncia del giudice di prime cure, la Corte d’Appello di Bologna era giunta ad accogliere il gravame presentato da un’impresa, dichiarando l’insussistenza dell’obbligo contributivo della stessa con riferimento all’indennità sostitutiva del preavviso non corrisposta a tredici lavoratori licenziati tra il 2012 e il 2013. A sostegno di questa conclusione, la Corte bolognese aveva evidenziato come il presupposto dell’obbligazione contributiva fosse la corresponsione “di una somma previdenzialmente imponibile o la sua debenza”: avendo i lavoratori rinunciato a tale emolumento, nessun obbligo veniva individuato con riferimento all’indennità sostitutiva del preavviso.

Avverso tale pronuncia presentava ricorso in Cassazione l’INPS, lamentando l’errata applicazione dell’art. 12 della L. 153/69, dell’art. 1 del DL 338/89 e dell’art. 2118 c.c., precisando altresì come l’atto di rinuncia all’indennità sostitutiva del preavviso posto in essere dai lavoratori fosse inopponibile all’Istituto nonché inidoneo a influire sull’autonomo rapporto contributivo tra il datore di lavoro e l’Ente previdenziale, in forza dell’obbligatorietà e dell’inderogabilità del principio del minimale contributivo.
Investita della controversia, la Suprema Corte accoglie il ricorso dell’INPS.

In prima battuta, i giudici di legittimità richiamano il principio in forza del quale l’obbligazione contributiva, in quanto obbligazione pubblicistica di fonte legale, non può essere in alcun modo intaccata da una volontà negoziale diretta a regolamentare diversamente il versamento della retribuzione. Da ciò consegue che l’indennità sostitutiva del preavviso, stante la sua natura retributiva, è assoggettata all’obbligo contributivo non appena il licenziamento – irrogato senza il corrispondente periodo di preavviso – assume efficacia; risulta, pertanto, irrilevante che il lavoratore licenziato rinunci ad essa, non potendo, la rinuncia all’emolumento, incidere sul diritto dell’Ente previdenziale al pagamento della contribuzione già maturata.

La Cassazione chiarisce poi come la regola del minimale contributivo, di cui all’art. 1 del DL 338/89, preveda che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non possa essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito dalla legge; la norma si riferisce, in tal senso, alla retribuzione dovuta ex lege e non a quella effettivamente corrisposta dal datore. Dunque, non possono che ritenersi irrilevanti gli eventuali inadempimenti contrattuali del datore nei confronti del lavoratore che implichino delle omissioni nei pagamenti ovvero dei versamenti della retribuzione in misura inferiore a quella dovuta per legge, così come risultano privi di rilievo gli accordi tra datore e lavoratore in base ai quali si stabilisca la non debenza della retribuzione (cfr. Cass. n. 8913/2023). I giudici di legittimità, quindi, concludono statuendo come sia “ininfluente la circostanza che l’indennità sostituiva del preavviso non sia stata corrisposta in forza di accordi transattivi tra lavoratore e datore, inopponibili all’INPS, in quanto non afferenti al rapporto contributivo”.

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