Sufficiente il sovraindebitamento indotto per escludere la colpa grave
Senza shock esogeno vanno valutate le concrete circostanze e la condotta del debitore, avendo come riferimento l’uomo di minima diligenza
La sentenza con cui il Tribunale di Torino, in data 26 settembre 2025, ha omologato il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore proposto, ai sensi degli artt. 67 ss. del DLgs. 14/2019, da un debitore persona fisica – segnatamente, un lavoratore dipendente, assunto a tempo pieno e indeterminato presso un datore di lavoro privato, che non esercitava né risultava aver mai esercitato alcuna attività di impresa e, dunque, ex se qualificabile (e così qualificato) come un “consumatore” ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. e) del CCII – risulta, ad avviso di chi scrive, particolarmente meritevole di approfondimento, avendo avuto il pregio di scrupolosamente affrontare una questione di non poco momento nel contesto delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinate dal nuovo CCII.
La sentenza, in particolare, sulla scia e nel solco di alcuni principi già espressi in due precedenti di merito ritenuti, nella parte motiva del provvedimento in esame, come assolutamente condivisibili (cfr. Trib. Avellino 9 gennaio 2025 e App. Firenze 8 novembre 2023), ha fornito una interpretazione dell’art. 69 comma 1 del CCII, non soltanto evidentemente orientata nella direzione di un apprezzabile favor debitoris, ma anche perfettamente in sintonia con quello che era ed è tutt’ora lo spirito innovativo della riformata disciplina concorsuale.
Muovendo le basi dal dato normativo di riferimento (cfr. art. 69 comma 1 del CCII), il quale, giova rammentarlo, contempla, nell’alveo delle c.d. “condizioni soggettive ostative” all’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti riservata al consumatore sovraindebitato, (tra le altre, anche) la circostanza per cui il ricorrente abbia determinato il proprio sovraindebitamento con colpa grave, mala fede o frode, la pronuncia in commento osserva come, quanto alla nozione ed al concetto, tanto delicato quanto articolato nella sua essenza, di colpa grave, lo stesso “[…] debba essere valutato tenendo conto del comportamento del debitore sul piano oggettivo, in un’ottica scevra da giudizi morali ed utilizzando come riferimento per il confronto non l’uomo avveduto e coscienzioso (parametro su cui si basa di regola la valutazione della colpa nell’illecito aquiliano), bensì il soggetto che abbia prestato quella minima diligenza esigibile anche dalle persone scarsamente accorte”.
Di tal che, ai fini dell’accesso alla procedura di cui agli artt. 67 ss. del CCII, secondo il Tribunale di Torino, non sarebbe in verità necessario che il debitore solo dimostri di aver contratto le proprie obbligazioni, sulla scorta di una corretta (prodromica) valutazione della propria capacità di adempiere, e di essersi poi trovato nell’impossibilità sopravvenuta di adempiere a causa di un evento sopravvenuto ed imprevedibile (il c.d. “shock esogeno”), ma, al contrario, risulterebbe sufficiente, onde poter escludere la gravità della colpa nella determinazione del sovraindebitamento, che il debitore dimostri che, pur non avendo correttamente ponderato la propria solvibilità, “sia stato spinto da condizionamenti estrinseci, assumendo comportamenti che non appaiono del tutto privi di giustificazione razionale” (il c.d. sovraindebitamento indotto o necessitato).
Il che, pertanto, consentirebbe, dunque, di delineare due tipologie di sovraindebitamento non connotate da una colpa grave, ovverosia quello (storico e tradizionale) causato da uno shock esogeno e quello indotto o necessitato, nel quale, secondo la sentenza in esame, difettando un evento esterno ed imprevedibile quale causa primaria e principale di detto status, occorrerebbe:
- operare una valutazione complessiva delle concrete circostanze e della condotta del debitore, avendo come riferimento la comparazione con l’uomo di minima diligenza;
- tener, all’uopo, conto del materiale fornito, sia dal ricorrente sia per il tramite dell’OCC nella propria relazione ex art. 68 comma 2 del CCII;
- valutare determinati indici (tra cui, l’entità dei debiti assunto raffrontata con le disponibilità patrimoniali e reddituali, la reiterazione delle condotte imprudenti, la natura e la destinazione dei beni o delle somme acquisiti mediante il ricorso al credito risultato insostenibile, le scelte di adempimento delle obbligazioni compiute tempo per tempo e la distribuzione delle risorse disponibili, il ragionevole affidamento sulle verifiche compiute dai soggetti qualificati in ordine al proprio merito creditizio).
In definitiva, il nuovo impianto normativo, secondo il Tribunale di Torino, non avrebbe tanto, quale fine ultimo, quello di “premiare in positivo” il consumatore diligente “onesto, ma sfortunato”, quanto, piuttosto, quello di escludere, “in negativo”, il consumatore, la cui condotta, tenuto conto di tutte le circostanze, “sia particolarmente censurabile”.
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