Regime di dematerializzazione applicabile a tutte le quote di srl-PMI
Non sarebbe necessaria la presenza di almeno una categoria di quote non dematerializzate
Il Consiglio notarile di Milano ha recentemente pubblicato le massime nn. 214 e 215 del 22 luglio scorso, con l’obiettivo di chiarire le principali questioni interpretative in tema di applicazione del regime di dematerializzazione delle quote di srl-PMI, come previsto dai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’art. 26 del DL 179/2012, introdotti dalla L. 21/2024.
L’art. 3 comma 1 della L. 21/2024 ha modificato l’art. 26 del DL 179/2012, prevedendo, in sintesi, che:
- le quote di srl PMI che appartengono alle categorie di cui all’art. 26 comma 2, aventi eguale valore e conferenti eguali diritti (c.d. “standardizzate”), possano esistere in forma scritturale ex art. 83-bis del TUF;
- alle quote emesse in forma scritturale si applica la disciplina relativa alla gestione accentrata in regime di dematerializzazione (Parte III Titolo II-bis Capo IV Sezione I del TUF);
- le srl-PMI che decidono di creare quote dematerializzate devono tenere il libro dei soci (nonostante, in generale, tale obbligo sia venuto meno dopo l’abrogazione dell’art. 2478 comma 1 n. 1 c.c.) e metterlo a disposizione di questi ultimi laddove lo richiedano.
In tal modo, come sottolineato dai notai milanesi, le quote di srl standardizzate che adottino la forma scritturale si sovrappongono completamente alla nozione di azioni di spa connotate dalla medesima forma.
Il tema centrale della massima n. 214 verte sui dubbi interpretativi circa l’applicazione dei citati commi. La prima questione affrontata riguarda la natura statutaria del patto di adozione del regime di dematerializzazione. Pur in assenza di un espresso obbligo di legge, infatti, la variazione del regime della “forma” delle partecipazioni sociali rappresenta la modifica di una regola organizzativa statutaria, per la quale occorre introdurre nello statuto una clausola che identifichi le quote (o categorie di esse) assoggettate alla forma scritturale. Le deliberazioni di modifica dello statuto per applicare (o disapplicare) tale regime non danno luogo ad alcuna causa legale di recesso a favore dei soci che non vi concorrono.
Riguardo ai limiti oggettivi entro i quali lo statuto può disporre la dematerializzazione, si evidenzia l’impossibilità di distinguere tra categorie di quote “speciali” (caratterizzate da diritti diversi) e quote “ordinarie” (prive di diritti diversi), posto che tale distinzione ha carattere puramente descrittivo. A fronte di tale impostazione, le quote “ordinarie”, in presenza di altre categorie, costituiscono a loro volta una categoria, con la conseguenza che non sussistono motivi per negare l’ammissibilità della loro dematerializzazione.
In contrasto con l’orientamento secondo cui le srl-PMI non potrebbero standardizzare e dematerializzare la totalità delle quote emesse, con conseguente coesistenza di più regimi di circolazione delle quote, la massima in esame afferma che il regime di dematerializzazione può riguardare tutte le categorie di quote in cui è suddiviso il capitale sociale, comprese quelle ordinarie, non essendo necessario che vi sia almeno una categoria di quote non dematerializzate (in senso contrario lo Studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 42-2024/I; si veda “Non tutte le quote di una srl-PMI possono essere dematerializzate” del 29 marzo 2024).
Una terza questione attiene alla possibilità di applicare il regime di dematerializzazione anche in mancanza di diverse categorie di quote, e quindi per tutte le quote in cui è suddiviso il capitale; ciò in quanto il riferimento alle “quote appartenenti alle categorie di cui al comma 2 aventi eguale valore e conferenti eguali diritti”, operato dal comma 2-bis dell’art. 26 del DL 179/2012, rileva quale presupposto alla loro “standardizzazione”, ma non assume rilevanza sostanziale o funzionale ai fini della dematerializzazione. Secondo l’interpretazione dei notai milanesi, la dematerializzazione può dunque essere prevista anche se tutte le quote sono uguali, sia nella misura sia nel contenuto, senza distinzione tra categorie.
Sempre in tema di regime di dematerializzazione, si precisa che quest’ultimo si applica anche alle quote o categorie di quote prive di indicazione del valore nominale, a condizione che rappresentino la medesima frazione del capitale sociale. In ultimo, la massima analizza il rapporto tra il regime della forma scritturale per una (o più) categorie di quote e quello della c.d. “circolazione intermediata” (art. 100-ter del TUF), affermando che i due regimi non sono tra loro incompatibili e che quindi non è preclusa la possibilità di applicare ad altre quote o categorie la disciplina della “circolazione intermediata” ex art. 100-ter del TUF.
Quanto alla tenuta del libro dei soci, che il comma 2-quater dell’art. 26 rende obbligatoria per le srl-PMI che decidono di applicare il regime della dematerializzazione, la massima n. 215 precisa che la struttura e il contenuto del libro devono essere omogenei per tutte le partecipazioni (dematerializzate o meno). L’obbligo di istituzione del libro dei soci è automatico; esso sorge nel momento in cui sussistono quote dematerializzate e non necessita di una clausola statutaria ad hoc.
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