Intermediario responsabile della cattiva gestione delle somme dei risparmiatori
Interrotta la prescrizione per l’azione risarcitoria verso l’autorità di vigilanza con ammessi al passivo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28119 depositata il 22 ottobre 2025, ha preso in esame il tema delle perdite subite da un mandante soggetto a vigilanza e delle relazioni con il diritto di risarcimento nei confronti della autorità di vigilanza per le asserite omissioni dei propri doveri.
Nel caso de quo, si trattava di somme affidate in gestione a un agente di cambio e, successivamente alla riforma in materia del 1991, a una SIM.
Gli intermediari finanziari avevano impropriamente utilizzato le somme date in gestione dai risparmiatori, provocando una situazione di dissesto sfociata nel fallimento dei primi e nella completa perdita del capitale da parte dei secondi.
L’arresto di legittimità si caratterizza per contenere molteplici e articolati spunti e approfondimenti.
Per quanto attiene ai riflessi più direttamene attinenti al diritto della crisi, si ritiene, in primo luogo, di evidenziare che la Suprema Corte ha ripreso e fatta propria la linea interpretativa adottata dalle Sezioni Unite n. 13143/2022 nel caso di patrimoni affidati a società fiduciarie, ritenendola applicabile, sia nei principi ispiratori sia nelle conseguenze, al caso degli intermediari finanziari.
L’incarico a investire danaro si sostanzia in un mandato senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione del patrimonio conferito, restando ferma la proprietà effettiva di questo in capo ai mandanti. Da ciò deriva la conseguenza che il mandatario che si sia macchiato di mala gestio, al punto da essere divenuto insolvente e non potere, quindi, restituire ai mandanti il patrimonio affidatogli, risponde del danno correlato all’inadempimento del mandato.
La relativa obbligazione, azionata, come nel caso di specie, mediante una insinuazione nella procedura concorsuale che ha interessato l’intermediario, ha natura risarcitoria, anche se limitata all’ammontare del capitale conferito e andato perduto.
Tale conclusione assume rilievo in quanto la qualificazione risarcitoria dell’obbligazione in parola esclude che al mandante, proprietario del capitale andato perduto, possa spettare un diritto di restituzione.
D’altro canto, la sola circostanza che i beni, seppure fungibili, affidati in gestione siano stati erosi da perdite generate dalla mala gestio dell’intermediario, esclude, ictu oculi, la possibilità che gli stessi possano essere restituiti.
In sostanza il mandatario, anziché investire le somme ricevute dai risparmiatori, le ha utilizzate per finalità diverse da quelle dedotte nel mandato e nel proprio interesse, compiendo così un illecito. Astrattamente il mandante ha titolo di agire per l’inadempimento secondo la disciplina del mandato senza rappresentanza e, segnatamente, di quanto previsto dagli artt. 1706 e 1713 c.c. Tale diritto, però, non è concretamente applicabile quando il mandatario sia stato assoggettato a una procedura concorsuale (o a liquidazione giudiziale ex CCII), giacché il contratto di mandato si è sciolto ex lege, ai sensi dell’art. 72 del RD 267/42 (ovvero, oggi, ai sensi dell’art. 183 del DLgs. 14/2019).
Quindi, nel caso che ci occupa, è fuori discussione che l’ammissione al passivo della procedura concorsuale abbia finalità restitutoria. Ove il contratto di mandato sia funzionale al deposito di somme di denaro, l’obbligo di restituire la cosa depositata ex art. 1766 c.c. (anche nella forma della restituzione per equivalente ex art 1782 c.c., trattandosi di bene fungibile) non può essere eseguita, stante la perdita totale del capitale e l’insolvenza dell’intermediario. Si è quindi di fronte a un inadempimento definitivo da cui origina il diritto per il mandante al risarcimento del danno.
Da questo assunto discendono importanti conseguenze in materia di prescrizione della pretesa del creditore, che rimane sospesa nel caso in cui questi sia stato ammesso al passivo della procedura concorsuale, indipendentemente dal fatto che l’ammissione non sia originata da una domanda come accade nella liquidazione giudiziale (e accadeva, in applicazione del RD 267/42, nel fallimento), ma da un atto del commissario giudiziale, come accade nella liquidazione coatta amministrativa.
In sostanza, l’azione risarcitoria che i risparmiatori che hanno perduto il loro capitale possono muovere nei confronti dell’autorità di vigilanza, nel presupposto che questa sia incorsa in una omissione dei propri doveri di legge rimane azionabile nel caso cui essi siano ammessi al passivo della procedura concorsuale che ha interessato l’intermediario finanziario a cui il capitale stesso era stato affidato giacché tale ammissione assume la natura di atto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 comma 2 c.c.
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