Federalismo: che non diventi una torre di Babele
In Italia abbiamo già applicazioni pratiche di federalismo fiscale.
Abbiamo l’ICI e le addizionali regionali e comunali all’IRPEF.
L’esperienza di queste imposte ci insegna una cosa semplice ed evidente: non si può lasciare la regolamentazione delle imposte ad ogni ente impositore; 8.000 Comuni significano oggi 8.000 regolamenti ICI. Così si crea confusione, perdita di tempo, errori. Ogni Comune detta le sue regole, con esenzioni, diverse modalità di applicazione, sanzioni.
Le addizionali IRPEF per fortuna sono applicate sulla stessa base imponibile dell’IRPEF, ma le aliquote sono comunque diverse e il calcolo è da fare da parte dei contribuenti.
Per poter funzionare bene il federalismo fiscale dovrebbe essere semplice. È un requisito che le tasse devono avere da sempre; si pagano così con meno fastidio.
Ora, la risposta a questa esigenza è di immediata semplicità. La base imponibile dovrebbe essere uguale per l’applicazione delle imposte, nazionali e locali, e per tutti i contribuenti. Si potranno solo applicare aliquote differenti, in base al federalismo, ma queste diverse aliquote dovrebbero essere applicate direttamente dall’Erario, sulla ripartizione di quanto unitariamente incassato. Il contribuente dovrebbe versare una sola imposta, determinata anche tenuto conto delle diverse aliquote federali, direttamente all’erario, in base ai suoi dati, e l’erario a sua volta versare quanto dovuto all’ente locale. Un solo versamento, quindi, semplice e veloce.
Quindi non fare come accade oggi, per le addizionali; per le aziende con molti dipendenti, c’è uno stillicidio di righe da compilare nell’F24, una per Comune; un po’ troppo.
Pare che in Svizzera, paese federalista da sempre, le cose siano semplici, e proprio per questo funzionino.
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