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OPINIONI

Esecuzioni immobiliari: occorre puntare sulla formazione

Si tratta dell’unico modo per vincere le diffidenze e le sfide a cui è esposto il delegato alla vendita

/ Vincenzo LAUDIERO

Venerdì, 4 marzo 2011

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Pubblichiamo l’intervento di Vincenzo Laudiero, componente della Giunta dell’UNGDCEC con delega alla Commissione di Studio sugli incarichi giudiziali.

Il dibattito nato tra le colonne di Eutekne.info sull’efficacia delle vendite giudiziarie e sul ruolo del professionista delegato scaturisce da un articolo di Enrico Bellavia, pubblicato su Repubblica venerdì scorso, che, anche sulla scorta di un’intervista ad un’anonima “esperta d’aste” che svelerebbe i limiti delle norme che disciplinano la vendita forzosa degli immobili in sede giudiziaria, ammonisce sulla possibilità per boss ed affaristi di allungare le mani sui beni all’asta. Il giornalista, esperto di criminalità organizzata, mira, in realtà, non tanto a criticare la novellata norma sulle esecuzioni immobiliari, quanto a criticare l’impossibilità del Legislatore di impedire le infiltrazioni mafiose nelle vendite giudiziarie

È come se un medico non criticasse la cura per una malattia, ma evidenziasse l’inefficacia della stessa per patologie più gravi. Purtroppo, però, in maniera gratuita e senza che “l’esperta d’aste” lo dica nell’intervista, il giornalista scrive che: “l’avvento dei professionisti nel gioco delle vendite ha moltiplicato, senza risolverli, i conflitti di interesse”. Anche se successivamente aggiusta il tiro mirando agli avvocati e ai tecnici che valutano gli immobili da mettere in vendita, concordo con Alessandro Solidoro, Presidente dell’ODCEC di Milano, al quale questo inciso è sembrato un modo poco appropriato per denunciare la non trasparenza del ruolo dei professionisti nelle esecuzioni immobiliari.

Corretto è il richiamo all’etica pubblica e ancor più corretto invocare l’intervento di salvaguardia da parte del Consiglio nazionale, che deve riaffermare il ruolo di sussidiarietà del mondo delle professioni nei confronti dello Stato, tutelandone gli interessi. Risulta, però, difficilmente condivisibile il modo per raggiungere tale obiettivo, attraverso la statuizione di linee guida adottate e adottabili in ogni Tribunale, delegando agli Ordini territoriali il controllo del rispetto degli iscritti ai principi dettati dal CNDCEC. Tale impossibilità, già evidenziata ieri da Felice Ruscetta, Consigliere del CNDCEC con delega alle funzioni giudiziarie, trova un facile riscontro nella diversa applicazione della norma effettuata dai Giudici dell’Esecuzione nei Tribunali italiani.

Basti pensare che, come anticipato dal Presidente dell’ODCEC di Roma, Gerardo Longobardi, il Tribunale capitolino delega ai dottori commercialisti le funzioni di custode giudiziario e tutte le funzioni connesse alla vendita, fatta eccezione per la vendita stessa che viene effettuata sempre dinanzi al Giudice dell’Esecuzione. I Tribunali di Napoli, di Bari, di Milano, di Rovigo, di Macerata, di Teramo, di Salerno, di Nola, di Potenza e molti altri, al contrario, delegano perlopiù ai dottori commercialisti (oltre ad avvocati e notai) la funzione di custode e la delega piena alle vendite. Il Tribunale di Reggio Emilia nomina l’IVG come custode, delega al notaio la vendita immobiliare e nomina il dottore commercialista per il piano di distribuzione. E questo solo per fare qualche esempio.

Come riuscire a trovare un minimo comun denominatore tra realtà così diverse è un’impresa quasi impossibile. Infatti, anche se la norma prevede un’ampissima discrezionalità del comportamento del custode e del delegato, questi, ancorché ausiliare del Magistrato, può trovare il modo più consono per adempiere al proprio mandato. Riuscire a mettere d’accordo un numero così elevato di soggetti diventa oneroso e, forse, inutile. Solo una formazione qualificata e qualificante, sotto l’egida del CNDCEC, può garantire una spinta dal basso, da parte degli operatori del diritto, a uniformare i comportamenti e le prassi scegliendo quelle più confacenti al territorio e alle esigenze del Tribunale stesso.

Questa esperienza è stata già sperimentata sul campo attraverso la cooperazione tra il CNDCEC e l’UNGDCEC che, unendo le forze, hanno sviluppato attività di formazione mirata presso diversi Ordini, svolgendo una duplice azione. Da un lato, dando informazioni di base sull’attività del custode e del delegato alla vendita immobiliare nella procedura esecutiva ai molti colleghi che hanno partecipato agli eventi; dall’altro, divulgando alcuni dati raccolti presso il Tribunale di Napoli, che per primo ha creduto nel ruolo del dottore commercialista nell’esecuzione immobiliare. Dalla ricerca effettuata dalla Commissione studio sulle esecuzioni immobiliari dell’UNGDCEC si è constatato che, grazie alla nuova norma sulle vendite immobiliari e all’attività svolta dal dottore commercialista presso il Tribunale di Napoli, si è verificato un netto miglioramento delle procedure esecutive pendenti, sia per un incremento nella definizione ante vendita tra creditori e debitori, sia per una più celere attività di vendita in sede giudiziale. I frutti non si sono fatti attendere e diversi Tribunali, i cui magistrati hanno partecipato ai lavori seminariali, hanno voluto dare fiducia ai dottori commercialisti sia come delegato che come custode.

Infine, la proposta di un tavolo tecnico comune con avvocati, notai, IVG e consulenti tecnici, invocata da alcuni colleghi intervenuti nel dibattito, risulterebbe assolutamente inutile, in quanto molti dei partecipanti sono perfettamente consci di essere spesso concorrenti tra loro e mirerebbero, ciascuno per la propria parte, a privilegiare le proprie competenze.

La strada maestra rimane quella della formazione effettuata con professionisti che realmente svolgano l’attività nei Tribunali e non solo in aula, coinvolgendo gli Ordini affinché possano localmente sostenere l’attività di formazione individuata dal CNDCEC. In questo caso, l’UNGDCEC è pronta a svolgere il proprio compito soprattutto tutelando i professionisti più giovani, a cui vengono affidati solo incarichi poco remunerativi, scomodi per i professionisti più affermati e che, avendo ad oggetto immobili situati in zone ad alta densità criminale, possono riscontrare proprio quei limiti individuati dal giornalista di Repubblica Enrico Bellavia.

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