Non di soli spot contro l’evasione vive il cittadino
Sono una buona idea gli spot del Ministero dell’Economia, dell’Agenzia delle Entrate e della Presidenza del Consiglio dei Ministri contro l’evasione fiscale e gli evasori fiscali che andranno in onda tra agosto e settembre?
In sé e per sé, sicuramente sì.
Non c’è una parola, di quanto abbiamo potuto leggere nei comunicati stampa che anticipavano i principali contenuti degli imminenti messaggi televisivi e radiofonici, che non meriti di essere sottoscritta con entusiasmo da ogni cittadino perbene (si veda “Evasori come «parassiti della società»: al via la campagna pubblicitaria” di ieri).
L’unica cosa che stona è il contesto-Paese nell’ambito del quale questi messaggi vengono calati.
L’Italia è un Paese che non ha mai brillato per il valore intrinseco attribuito dai suoi cittadini al rispetto della legge.
In questi ultimi anni, però, su questa poco commendevole caratteristica è stata con pervicacia innestata una sovrastruttura concettuale volta ad affermare l’inaccettabilità di qualsivoglia sindacato etico-morale sui comportamenti individuali, a cominciare da quelli che più di tutti dovrebbero invece soggiacervi, ossia i comportamenti, anche privati, di personaggi con ruoli e responsabilità pubbliche.
A questo, aggiungiamo una gestione della spesa pubblica imbarazzante, con servizi che già oggi dovrebbero essere sul livello dei Paesi europei più efficienti (perché, nonostante la massiccia evasione, la percentuale di imposte sul PIL che lo Stato italiano riesce a riscuotere è assolutamente allineata a quella di questi Paesi) e una ritrosia quasi sfacciata nel tagliare i costi diretti e indiretti della politica.
In un simile contesto-Paese, la sacrosanta demonizzazione dell’evasore fiscale sembra avere, anche all’occhio dell’osservatore neutrale (cioè il cittadino che non evade, ma che nemmeno vive di spesa pubblica), poco della crociata etico-efficientista e molto della mera battaglia condotta da una classe dirigente che ha un disperato bisogno di denaro per continuare a fare quello che ha sempre fatto.
Ed è un peccato, perché di genuine crociate etico-efficientiste, capaci di coinvolgere anche emotivamente una cittadinanza sempre più sonnolenta, questo Paese ha un grande bisogno.
Ecco perché la campagna pubblicitaria contro l’evasione fiscale non solo va sostenuta, ma va anzi rilanciata con altri messaggi di analogo tenore, per darle quella credibilità e forza che da sola non può avere, seppure per colpe non sue.
A ottobre, ad esempio, si potrebbe sottolineare l’importanza, al di là degli obblighi di legge, di non pagare fitti mensili per 4.000 euro in contanti e di farlo invece con mezzi di pagamento tracciabili.
A novembre, invece, qualche spot potrebbe concentrarsi sul fatto che non si possono imporre sacrifici a destra e a manca, se prima non si è disposti a farne di maggiori come classe dirigente.
Uno in fila all’altro, supportati da qualche fatto concreto, potrebbero persino divenire messaggi sulla cui buona fede varrebbe la pena credere per davvero.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41