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Martedì, 1 luglio 2025

OPINIONI

Revisore «a rischio» con le nuove regole dei controlli societari

Tuttora, restano dubbi sul fatto che la nomina dell’organo di controllo o del revisore abbia effetti sulla natura dei controlli obbligatori

/ Giampiero GUARNERIO

Giovedì, 20 settembre 2012

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Pubblichiamo l’intervento di Giampiero Guarnerio, Delegato per Milano dell’A.N.D.C. – Associazione Nazionale Tutela Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.

L’art. 2477 c.c. consente alternativamente la nomina di un “organo di controllo” o di un “revisore”. Si pone la questione se la nomina del primo o del secondo abbia effetti sulla natura dei controlli da effettuare obbligatoriamente. Questione non risolta, ma di estrema importanza, considerando le implicazioni che un’interpretazione inattesa da parte della giurisprudenza potrebbe provocare in capo al professionista incaricato.

Sul punto risultano diverse interpretazioni. Alcune, tra le quali quella espressa il 3 aprile 2012 dal Collegio Notarile di Milano (massima n. 124), ritengono che la natura dei controlli sia in entrambi i casi la medesima (di revisione legale e sulla gestione). Altre, come quella espressa nel Comunicato Congiunto degli ODCEC di Milano, Roma e Torino, condividono parzialmente l’opinione del Collegio Notarile di Milano, ritenendo la funzione di controllo sulla gestione una componente comunque ineludibile ed essenziale. Altre ancora, tra le quali quella del CNDCEC, del Consiglio Nazionale del Notariato e di Assonime, ritengono che, nominando il “revisore”, la società sia esclusa dai controlli di legittimità di cui all’art. 2403 c.c.

Il tema, evidentemente, è se il termine “revisore” sia riferito alla qualifica necessaria per accedere all’incarico ovvero alla natura dell’incarico stesso. Leggendo il solo primo comma dell’art. 2477 c.c., sembrerebbe che la natura dei controlli non sia collegata alla qualità della nomina. Esso prevede che lo statuto precisi “i poteri e le competenze, ivi compresa la revisione legale dei conti”, dal che si desume che la natura dei controlli – che in ogni caso comprende la revisione legale – non dipende dalla qualifica dell’organo che viene nominato. Dopodiché, la norma consente l’alternativa tra la nomina di un organo di controllo, anche monocratico, o di un revisore, precisando che per i requisiti dei componenti dell’organo di controllo si intendono quelli vigenti per i sindaci delle società per azioni (cfr. comma 5 della norma). Per i requisiti del revisore non occorre specificazione alcuna, essendo il titolo professionale già sufficiente alla loro determinazione.

Tuttavia, il primo comma si occupa solo della nomina volontaria dell’organo di controllo. Le successive disposizioni, invece, regolano il caso di nomina obbligatoria, ma senza precisare chiaramente la natura dei controlli da effettuare e se tale natura sia influenzata dalla “qualità” della nomina effettuata, aprendo lo spazio a dubbi interpretativi. È probabile che l’infelice formulazione sia anche legata alla natura vagamente “ipocrita” della ratio legis: da una parte, si voleva ridurre il costo di un organo di controllo di cui si lamentavano proprio i soggetti destinatari dei controlli, ma dall’altro non si voleva ammettere una riduzione qualitativa dei controlli, giacché di fronte ai molteplici scandali finanziari e alle direttive europee sul tema era poco giustificabile pretenderne una riduzione.

Sta di fatto che il richiamo alle regole del collegio sindacale in tema di spa effettuato dal comma 5 si presta ad essere inteso come richiamo meramente procedurale (quali sono i requisiti del sindaco unico, se non è un revisore) oppure esteso a tutta la normativa del collegio sindacale della spa – che peraltro non comprende l’attività di revisione legale. Come lucidamente delineato dal Collegio Notarile di Milano, le possibili interpretazioni sono tre:
- all’alternatività della qualità del soggetto incaricato corrisponde un’alternatività dei suoi compiti; dunque, il sindaco unico opererebbe solo i controlli di legittimità ex art. 2403 c.c., mentre il revisore opererebbe solo i controlli contabili previsti dal DL 39/2010;
- al sindaco unico è esteso il controllo contabile, sulla base della considerazione che il primo comma della norma rende obbligatorio quantomeno tale controllo, che quindi si affiancherebbe a quello di legittimità;
- la natura dei controlli è slegata dalla qualità del soggetto incaricato. A favore di tale tesi, il Notariato sottolinea la natura promiscua dell’organo monocratico di controllo e del revisore datane dal Legislatore nel primo comma, talché in tale contesto le attività da prestare risultano le medesime per entrambi i casi.

Serve un chiarimento normativo vincolante

Al di là delle sensibilità personali che possono portare a ritenere corretta l’una o l’altra delle possibili interpretazioni, ciò che ci preme osservare è come sia indispensabile e urgente un chiarimento normativo vincolante per i giudici che dovessero essere interessati sul punto. In assenza di tale chiarimento, va sottolineato il grave rischio che corre il revisore. Nel caso, infatti, che questi – e la società – sposino la tesi esposta dal CNDCEC (e condivisa da Assonime) per cui l’incarico sia limitato alla sola revisione legale, e che quindi regolino i loro rapporti anche economici in tal senso, il revisore non parteciperà alle decisioni dell’organo amministrativo e si terrà fuori da tale ordine di controlli, non emettendo alcuna relazione al bilancio su questi temi. Se, però, la giurisprudenza dovesse esprimere un punto di vista differente, non potrà scampare dalle pesanti responsabilità per le omissioni commesse, a nulla valendo la circostanza che il rapporto contrattuale fosse limitato alla sola revisione legale.

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