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LETTERE

Riforma della Cassa Ragionieri: alcune precisazioni sulla mancata approvazione

Martedì, 9 ottobre 2012

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Caro Direttore,
ritengo doveroso replicare al pensiero espresso dal Presidente dell’ANC, Marco Cuchel, su Eutekne.info (si veda “«Salta» la riforma della Cassa dei Ragionieri” del 26 settembre), poiché le affermazioni su quanto accaduto durante il Comitato dei Delegati del 25 settembre sono a mio avviso talvolta incomplete, talvolta inesatte. In più occasioni, prima del 25 settembre, è stato fatto presente ai rappresentanti di CNPR che una riforma così forte e radicale doveva innanzitutto essere recepita e condivisa sul territorio, ma troppo breve era l’intervallo fra la consegna del testo definitivo a noi Delegati e la data fissata per deliberarlo.

La riforma ha poi evidenziato numerose criticità, prima fra tutte la questione dei flussi demografici sperati” presi a base della stabilità attuariale: esigui e incerti, a maggior ragione contando i pochi nuovi iscritti dell’ultimo quadriennio (seppure con trend crescente), tanto da apparire più probabilmente una contingenza che un assunto. Da una parte, aumento contributivo, innalzamento dell’età pensionabile e riduzione delle prestazioni; dall’altra, nessuna dimostrata capacità dell’Ente di restituire un dignitoso montante a fine carriera, né di ritrovare quella stabilità capace di consentire alla Cassa di inaugurare la gestione “a fondo aperto” e neppure di difendere il patrimonio dalle pensioni figlie del retributivo.

Argomenti, questi, enucleati nella mattinata e in parte del pomeriggio del 25: tanti i Delegati intervenuti, che hanno evidenziato di non poter condividere questa riforma, migliorata rispetto alla precedente versione diffusa ma ancora difettosa e incerta, poiché basata su flussi demografici che nessun Legislatore ha ancora sancito poter essere di nostra esclusiva competenza.

Significativi soprattutto gli interventi di due colleghi Delegati. Il primo ha parlato per conto della propria Regione, esprimendo il dubbio sull’opportunità/utilità di una delibera presa a maggioranza risicata, vista l’importanza e la delicatezza degli argomenti e considerato il consenso quasi unanime con cui sono state approvate le precedenti riforme. Il secondo, a nome di Delegati di numerose Regioni, ha presentato una mozione la quale proponeva: di rinviare la delibera sull’adozione della riforma previdenziale, per consentire agli iscritti di conoscerla meglio e al CdA di dialogare coi Ministeri competenti per l’individuazione di un indirizzo capace di garantire prospettive di stabilità; di adottare intanto i provvedimenti urgenti.

L’estemporaneo consenso della platea rendeva opportuno sottoporre immediatamente la mozione al voto dei Delegati, in coerenza col più volte richiamato senso di responsabilità che, per alcuni (incluso il board di CNPR ed, evidentemente, l’ANC), doveva indurre ad approvare tout-court la riforma in ottemperanza alle disposizioni legislative, mentre per altri (fra cui chi scrive) imponeva invece di pensare soprattutto agli effetti negativi di una riforma che rischiava di venir consegnata ai Ragionieri nella sua sostanziale irreversibilità e caratterizzata da tanti incondivisi aspetti.

Il Presidente Saltarelli, con inspiegabile intransigenza, ha tuttavia imposto la chiamata a deliberare sulla riforma, tanto che lo spirito di democrazia che egli stesso e il Presidente Cuchel invocano (o si vota o ci si astiene, ma non si esce dall’aula) è risultato leso ab origine, provocando il giustificato abbandono del consesso da parte di numerosi delegati. Ora dovrebbe risultare più semplice farsi un’opinione sull’impedimento all’esercizio democratico.

Ad abbandonare l’aula sono stati numerosi delegati, 57 se non vado errato: sono “pochi delegati”? È questa la “componente minoritaria”, il “manipolo” di cui si parla sulla stampa? E i 91 Delegati che avrebbero votato a favore rappresentano forse una maggioranza (52% sul totale dei componenti il Comitato) che possa definirsi qualificata su una decisione così importante per il futuro dell’intera categoria? E il restante 48%, fra assenti, astenuti, contrari e fuoriusciti, non aveva prioritariamente il diritto di capire se nella maggioranza poteva esservi qualcuno disposto ad un semplice rinvio? Perché di un rinvio si tratta, che ragionevolmente non potrà non essere letto in senso costruttivo da parte dei Ministeri competenti.

Va aggiunto che, una volta constatata la mancanza del quorum deliberativo sulla riforma, il Presidente Saltarelli ha allora posto in delibera la mozione di rinvio. Certo, a quel punto nessuno fra i Delegati usciti aveva intenzione di rientrare a votare, né quelli rimasti in aula ritengo avessero una residua disponibilità emotiva ad accogliere quella mozione, dunque non vedo l’utilità del voto espresso dai presenti sulla medesima, qualunque sia stato.

Credo comunque che il Consiglio (ma anche l’ANC) abbia infine colto il vero significato del “no” espresso da quasi la metà dei Delegati: un dissenso (questo non irreversibile) capace di rafforzare il dialogo coi Ministeri nell’unica direzione possibile.


Simone Boschi
Delegato CNPR di Firenze

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