La società «paga» l’incremento fittizio di capitale
La Cassazione ha ribadito che l’iscrizione in bilancio di una partecipazione a valore sovrastimato giustifica la confiscabilità del profitto
Le nozioni di “interesse” e “vantaggio” enunciate dal DLgs. 231/2001 sono, ancora una volta, oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza di legittimità. È stata depositata ieri la sentenza n. 16359/2014, con cui la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso un’ordinanza del Tribunale, di conferma del decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal GIP nei confronti della società per azioni al centro di questa complessa vicenda.
In dettaglio, alla società era stato inizialmente contestato, ai sensi dell’art. 25-ter del DLgs. 231/2001, il reato di formazione fittizia del capitale sociale di cui all’art. 2632 c.c., realizzato attraverso un’operazione di incremento fittizio dello stesso mediante la rilevante sopravvalutazione
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