Associazione in partecipazione impropria senza gli elementi essenziali
Nella sua forma genuina la prestazione si distingue dal lavoro dipendente, diversamente lo strumento cela la subordinazione
La riconducibilità di un contratto di lavoro alla fattispecie dell’associazione in partecipazione (art. 2549 c.c.) o al rapporto di lavoro subordinato prescinde dal “nomen iuris” utilizzato dalle parti e impone al giudice la valutazione delle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. In particolare, la prima forma contrattuale impone un obbligo di rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza di un rischio d’impresa in capo all’associato, mentre il rapporto di lavoro subordinato si concreta nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro (c.d. eterodirezione). È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 17447 depositata ieri,
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