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OPINIONI

Anche per la «compilazione» servono apposite forme di qualificazione

Nella tenuta dei conti e nella predisposizione del bilancio garantiscono che le risultanze dei prospetti di sintesi sono frutto del lavoro di esperti

/ Raffaele MARCELLO

Giovedì, 6 aprile 2017

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Pubblichiamo l’intervento di Raffaele Marcello, Consigliere del CNDCEC con delega alla Revisione legale e ai Principi contabili e di valutazione.

È di qualche giorno addietro l’importante sentenza n. 14815/2017 della Corte di Cassazione che va confermando il convincimento, maturato da tempo da noi commercialisti, che le attività professionali debbano essere svolte da soggetti riconosciuti e, quindi, in possesso di adeguate competenze specifiche.

L’espletamento di tali attività da parte di soggetti qualificati persegue l’interesse generale, come evidenziato sempre più spesso – oltre che dalla cronaca – anche dalla prassi giurisprudenziale.
Nello specifico, la richiamata sentenza ricorda che il DLgs. 139/2005 inserisce tra le altre attività di “riconosciuta competenza tecnica” per gli iscritti alla Sezione A dell’Albo anche la “tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, controllo della documentazione contabile, revisione e certificazione contabile di associazioni, persone fisiche o giuridiche diverse dalle società di capitali”.

La Cassazione chiarisce il principio per il quale chi svolge in modo continuativo, organizzato e retribuito attività che sono individuate come competenza specifica di una professione, simulando di fatto l’iscrizione in un Albo, commette esercizio abusivo, anche qualora queste non siano attribuite in via esclusiva a tale categoria. La Suprema Corte, d’altra parte, non ha fatto niente altro che ribadire quanto già sancito dalla sentenza a Sezioni Unite n. 11545 del 23 marzo 2012.

Nel contesto specifico della tenuta dei conti e della predisposizione del bilancio, peraltro, da tempo il CNDCEC è dell’opinione che debbano essere utilizzate apposite forme di “qualificazione” per garantire i terzi che le risultanze quantitative emergenti dai prospetti di sintesi sono il risultato di un lavoro svolto da esperti, avvalorando, quindi, la qualità e la credibilità del bilancio. Il riconoscimento della presenza di una mano esperta è, per esempio, particolarmente utile per le società di persone, nel momento in cui queste presentano il proprio bilancio agli istituti finanziari per ottenere un finanziamento o a investitori privati.

Pratica non equiparabile alla revisione

La pratica sopra esposta, nota a livello internazionale come “compilazione” (“compilation”), non è evidentemente equiparabile alla revisione, che richiede un processo completo di controllo, né prevede l’espressione di un giudizio di controllo sull’attendibilità dei dati, bensì è un servizio che garantisce la bontà della modalità tecnica con cui il bilancio è stato predisposto.

L’iscritto mette, in sostanza, a disposizione della società la propria conoscenza in ambito contabile e di informativa/comunicazione finanziaria per l’adozione delle norme giuscontabili e delle disposizioni generalmente riconosciute dalla prassi (principi contabili nazionali o IFRS). La responsabilità della veridicità dei dati contabili resta in capo all’organo esecutivo, poiché l’attività dell’iscritto è limitata alla corretta adozione tecnica delle previsioni.

La prassi più autorevole oggi in materia è rappresentata dall’ISRS 4410 Compilation Engagements (Principio internazionale sui servizi professionali connessi n. 4410, Incarichi di compilazione), predisposto dall’IAASB, autorevole organismo che predispone i Principi di revisione internazionali. Di tale documento è stata fornita anche una guida da parte del Comitato per i piccoli e medi studi professionali istituito presso l’IFAC, organizzazione mondiale di esperti contabili, presso cui opera anche il citato IAASB.
Il Principio e la Guida possono fornire la base per lo svolgimento dell’attività in oggetto.

In sintesi, è bene che la qualità sia visibile e riconoscibile anche da terzi, dal momento che – le sentenze lo ricordano – la professionalità non è un dono naturale, ma una caratteristica conseguita dai professionisti con grande sacrificio.

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