Solo determinati enti bilaterali possono certificare i contratti di lavoro
L’Ispettorato nazionale del Lavoro interviene, con la circolare n. 4/2018, a fronte delle segnalazioni circa lo svolgimento dell’attività di certificazione dei contratti di lavoro da parte di soggetti – nella specie, “pseudo” Enti bilaterali – totalmente privi dei requisiti richiesti a tal fine.
Il riferimento è alla procedura a carattere volontario, di cui agli artt. 75 ss. del DLgs. 276/2003, finalizzata ad attestare, su istanza delle parti, che il contratto di lavoro che esse intendono sottoscrivere (o tra di esse intercorrente) rispetta le prescrizioni di forma e contenuto previste dalla legge, con conseguente correttezza della qualificazione e dell’inquadramento prescelti, in modo da ridurre il contenzioso.
Il ricorso alla stessa produce effetti importanti, tra cui l’impossibilità, per i terzi – compreso il personale ispettivo – di contestare direttamente le risultanze dell’attività certificativa. In caso di contratto di lavoro certificato, infatti:
- gli effetti del provvedimento permangono, sia tra le parti che verso i terzi - tra cui, come si è detto, gli organi di vigilanza - sino alla pronuncia di una sentenza di merito che, su ricorso di uno degli interessati, accerti l’erronea qualificazione del contratto o la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione ovvero l’esistenza di vizi del consenso;
- detti organi non possono, dunque, procedere direttamente a riqualificare il rapporto e ad avanzare pretese contributive o sanzionatorie, essendo anche per loro necessario ottenere una sentenza che rimuova gli effetti preclusivi della certificazione. Quest’ultima è, quindi, riservata esclusivamente a Enti – le Commissioni di certificazione – in possesso di specifici requisiti.
In particolare, in caso di Enti bilaterali, deve trattarsi, in linea con la definizione di cui all’art. 2, lett. h) del DLgs. 276/2003, di soggetti costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro dotate, per ciascuna parte, della maggiore rappresentatività in termini comparativi. In mancanza, l’organismo non può ritenersi abitato a svolgere l’attività di cui si tratta. Gli ispettori potranno, dunque, operare senza tenere minimamente conto dell’esistenza di provvedimenti certificati da tali “pseudo” Enti.
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