L’amministratore non risponde dell’inadeguata programmazione economico-finanziaria
La sentenza della Cassazione n. 7545/2018 ha precisato che, sia pure nel contesto di una vicenda cui era applicabile la previgente disciplina, non è corretto, a fronte di una documentazione sociale inattendibile, addebitare la responsabilità dello sbilancio fallimentare agli amministratori della società fallita limitandosi ad affermare che la gestione non era stata caratterizzata da un’adeguata programmazione economico/finanziaria.
Si ricorda, infatti, che agli amministratori di società non può essere imputato di aver compiuto scelte di gestione inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può, pertanto, eventualmente valere come giusta causa di revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale. Rileva, quindi, la sola diligenza mostrata nell’apprezzare in via preventiva i rischi di una data operazione e l’omissione di adeguate cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.
D’altro canto, poi, anche la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, seppure addebitabile all’amministratore, non è di per sé idonea a giustificare una liquidazione nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare. Tale criterio, infatti, può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni e sempreché il ricorso ad esso sia logicamente plausibile; e, comunque, spetta all’attore allegare un inadempimento dell’amministratore astrattamente idoneo a cagionare il danno lamentato, indicando le ragioni per cui non è stato possibile accertare gli specifici effetti dannosi riconducibili alla condotta dell’amministratore stesso.
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