Al contribuente la prova della distruzione dei documenti contabili
La Cassazione, nella sentenza n. 54011/2018, ha precisato che, nella fattispecie di cui all’art. 10 del DLgs. 74/2000, la distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione, la quale può consistere o nella stessa eliminazione del supporto cartaceo o in cancellature o abrasioni. L’occultamento, invece, consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento.
L’occultamento, a differenza della distruzione, dà luogo a un reato permanente, perché l’obbligo di esibizione perdura finché è consentito il controllo fiscale, con la conseguenza che la condotta antigiuridica si protrae nel tempo a discrezione del reo, il quale, a differenza della distruzione, ha il potere di fare cessare l’occultamento esibendo i documenti. La permanenza cessa comunque allorché scade l’obbligo della conservazione o per altre cause (sequestro aliunde della documentazione o chiusura dell’accertamento fiscale).
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 10 del DLgs. 74/2000, le condotte di distruzione ovvero di occultamento della documentazione contabile sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che se risulta provato che le scritture contabili esistevano e non ne è provata la distruzione (non potendo evidentemente tale prova derivare dalla sola dichiarazione dell’imputato, ed essendo interesse dello stesso attestare la consumazione del reato a un’epoca che gli garantirebbe una pronuncia di prescrizione) rimane l’occultamento.
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