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È incompatibile il dipendente delle Entrate che fa il consulente per chi è soggetto ad accertamento

/ REDAZIONE

Giovedì, 25 aprile 2019

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Costituisce un comportamento incompatibile con la prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione quello del dipendente dell’Agenzia delle Entrate che abbia svolto, percependo un compenso, attività di consulenza fiscale in favore di un soggetto privato interessato da verifiche da parte della Guardia di Finanza.

È questo il caso recentemente portato all’attenzione della Cassazione che, con sentenza n. 11237 depositata ieri, ha confermato la legittimità del licenziamento del dipendente che aveva, appunto, ricevuto dal legale rappresentante di una società per azioni parte di una vertenza fiscale un incarico professionale, per il quale aveva percepito un acconto pari a  5.000 euro.

La Corte ha ritenuto tale condotta particolarmente grave per i peculiari obblighi che incombono sui pubblici dipendenti, in particolare quello di fedeltà e di esclusività della prestazione lavorativa, nonché per il divieto di svolgimento di attività in conflitto di interesse con la Pubblica Amministrazione. Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno accertato la violazione dell’art. 53 del DLgs. 165/2001 (c.d. TU sul pubblico impiego) in tema di incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi, oltre che delle norme del contratto collettivo applicato (CCNL comparto Agenzie fiscali quadriennio 2002-2006) che impongono ai dipendenti di collaborare con diligenza osservando le norme del contratto collettivo e le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’Agenzia, anche in relazione alle norme in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro (art. 65 comma 3 lett. a) del CCNL) e di non utilizzare, a fini privati, le informazioni di cui si disponga per ragioni d’ufficio (art. 65 comma 3 lett. d) del CCNL).

La Corte ha così convalidato il licenziamento intimato al dipendente in questione in osservanza dell’art. 67 comma 6 lett. d) del predetto CCNL, che prevede l’intimazione del licenziamento senza preavviso – quindi per giusta causa – in relazione a fatti o atti anche dolosi che, seppur non integranti reato, siano di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.

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