Contabilità e spesometro provano l’omessa dichiarazione
La Cassazione, con la sentenza n. 38016/2019, ha affermato che è legittima la decisione di merito che condanna il legale rappresentante di una società per il reato di omessa dichiarazione, di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000, quando, a fronte del mancato rispetto dell’obbligo dichiarativo, dall’esame della documentazione presente presso il commercialista emergano elementi positivi di reddito della società che, detratti costi, implicano il superamento della soglia di rilevanza penale; tali dati, peraltro, risultavano sostanzialmente corrispondenti con quelli del c.d. spesometro.
In simile contesto, infatti, l’accertamento induttivo costituisce mera conferma della verifica operata sulla contabilità, in sintonia con il costante orientamento secondo il quale le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte della prova della commissione del reato, assumono tuttavia il valore di dati di fatto che devono essere liberamente valutati dal giudice penale, unitamente a elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41