Trasferimenti «in entrata» sempre al valore corrente
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 92 di ieri, 5 novembre 2019, chiarisce che i valori fiscali di ingresso per le società che si trasferiscono in Italia sono assunti nel valore corrente (o nel valore normale, trattandosi nel caso di specie di un trasferimento avvenuto nel 2018, prima delle modifiche apportate all’art. 166-bis del TUIR dal DLgs. 142/2018).
Non è invece possibile assumere i valori presi a riferimento dallo Stato estero ai fini della determinazione di una eventuale exit tax.
Tali criteri valgono non solo nel caso di trasferimento della sede “vero e proprio” in Italia, ma anche nei casi di trasferimenti che avvengono nel contesto di operazioni straordinarie (nel caso specifico, a seguito di fusione).
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, inoltre, per i trasferimenti avvenuti in vigore delle previgenti disposizioni, non rientra tra gli asset suscettibili di valorizzazione ai sensi dell’art. 166-bis l’avviamento autoprodotto all’estero (nell’attuale versione della norma, invece, la soluzione è positiva, in quanto ciò risulta espressamente previsto).
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