Indebita compensazione con uso fraudolento dell’accollo mediante compensazione
La Cassazione, nella sentenza n. 30554 depositata ieri, ha confermato la condanna per il delitto di indebita compensazione ex art. 10-quater del DLgs. 74/2000 nei confronti di due soggetti che amministravano società dedite a un’attività truffaldina in danno di inconsapevoli imprenditori indebitati con l’Erario.
Va ricordato che la fattispecie penale citata prevede (al comma 2) la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/1997, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.
La vicenda processuale riguardava un articolato meccanismo di compensazione di debiti tributari con crediti tributari inesistenti. Tale programma di evasione fiscale veniva realizzato, attraverso alcune società di consulenza alle imprese utilizzando fraudolentemente l’istituto dell’accollo mediante compensazione dei debiti tributari, attraverso i modelli F24.
Il profilo della consapevolezza circa l’inesistenza dei crediti utilizzati per le compensazioni, da parte degli imputati, emergeva sia dalla massività delle deleghe acquisite che dall’ingente ammontare dei crediti posti in compensazione. Peraltro, il profitto conseguito dalla clientela era stato dirottato in buona parte verso conti correnti e utilità personali dell’amministratore delle società di consulenza, che aveva anche beneficiato di lauti compensi.
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