Assenza per malattia all’estero ingiustificata se il certificato medico non ha l’Apostille
Con la sentenza n. 24697/2022, depositata ieri, la Cassazione è intervenuta con riferimento a un caso di licenziamento disciplinare irrogato a una lavoratrice straniera per non avere giustificato validamente la sua assenza per malattia.
In particolare, la lavoratrice, nel periodo in contestazione, si trovava in Marocco e a giustificazione della propria assenza aveva inviato al datore di lavoro due certificati medici, debitamente tradotti in italiano, ma privi della Apostille, ossia della formalità richiesta dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 per attestare la veridicità della firma sull’atto, il titolo in virtù del quale l’atto era stato firmato e l’autenticità del sigillo o del bollo.
Nel merito, la competente Corte d’appello aveva dichiarato illegittimo il licenziamento sostenendo che: il caso in esame costituiva un’ipotesi di assenza dal lavoro non regolarmente giustificata ma non del tutta priva di giustificazione; la mancata legalizzazione dei certificati medici non poteva essere imputata a negligenza della lavoratrice in quanto la Convenzione dell’Aja era stata recepita dal Marocco solo pochi giorni prima della malattia; la giusta causa, nelle fattispecie in esame, andava ravvisata solo nell’ipotesi di assenza priva di giustificazione sostanziale.
Cassando la pronuncia d’appello, la Suprema Corte chiarisce che la certificazione medica inviata dalla lavoratrice, per avere valore giuridico in Italia, avrebbe dovuto contenere la Apostille. In caso negativo, infatti, la certificazione è priva di valore giuridico in un Paese straniero non assumendo alcuna rilevanza l’eventuale traduzione in italiano e, pertanto, non è idonea a giustificare l’assenza perché non è certificata tanto la provenienza dell’atto da un soggetto abilitato allo svolgimento della professione sanitaria, quanto la diagnosi e la prognosi di malattia come attestate da un soggetto competente.
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