Solo l’assenza di contabilità semplifica l’azione del curatore contro i sindaci
La Cassazione, con l’ordinanza n. 30383/2022, ha ribadito che, in caso di esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti di sindaci da parte del curatore fallimentare, ex art. 146 del RD 267/42, spetta a esso provare l’esistenza:
- del danno;
- del suo ammontare;
- della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo dei controllori (nesso di causalità).
In capo ai sindaci, invece, incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità dell’evento dannoso alla propria condotta, mediante la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi impostigli dalla legge (cfr. Cass. n. 2975/2020).
In particolare, ai fini dell’accertamento della responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza sull’operato degli amministratori, il curatore fallimentare deve fornire la prova non solo dell’inadempimento dei doveri dei sindaci e del danno conseguente alla condotta degli amministratori, ma anche del rapporto di causalità tra l’inerzia dei primi e il danno arrecato alla società, dal momento che l’omessa vigilanza in tanto rileva in quanto possa ragionevolmente ritenersi che l’attivazione del controllo avrebbe consentito di evitare o limitare il pregiudizio (cfr. Cass. n. 28357/2020).
Da tali principi è possibile prescindere soltanto quando l’assoluta mancanza ovvero l’irregolare tenuta delle scritture contabili rendano concretamente impossibile al curatore provare quanto evidenziato, dal momento che, in tale ipotesi, la condotta del sindaco, che integra la violazione di obblighi specificamente posti a suo carico dalla legge, risulta di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio della società (cfr. Cass. n. 7606/2011).
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