Mining irrilevante ai fini IVA in assenza del committente
L’impossibilità di determinare una “prestazione di servizio personalizzata” a favore di uno specifico beneficiario, porta a ritenere che l’attività di mining non possa essere rilevante ai fini IVA. Quanto alle imposte dirette, la remunerazione del miner concorre alla formazione del reddito imponibile nel periodo d’imposta in cui i servizi sono ultimati. Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 515, pubblicata ieri, ribadendo quanto già precisato nella precedente risposta n. 508/2022.
Nel caso di specie, i “nodi validatori”, dopo avere effettuato alcune verifiche, validano le transazioni registrate su una rete, creando blocchi da aggiungere ad una blockchain. A fronte della “costruzione” dei suddetti blocchi, vengono riconosciuti compensi (reward), “variabili ed eventuali”. Nell’ambito della suddetta attività, non è possibile identificare un committente unico e neppure un gruppo di committenti.
Confermando il proprio recente orientamento, l’Agenzia delle Entrate afferma che l’impossibilità di individuare un beneficiario della prestazione determina l’irrilevanza dell’attività di mining ai fini IVA, non sussistendo un rapporto sinallagmatico. Ne consegue la preclusione del diritto alla detrazione dell’imposta assolta “a monte”.
Con riguardo alle imposte dirette, anche in questo caso ribadendo i propri precedenti documenti di prassi (si veda in ultimo la risposta n. 508/2022), l’Agenzia precisa che la remunerazione in esame concorre alla formazione della base imponibile nel periodo d’imposta in cui i servizi sono ultimati, ai sensi dell’art. 109 comma 2 del TUIR.
L’Amministrazione finanziaria sottolinea, infine, come i compensi dei miner concorrano al valore della produzione netta ai fini IRAP ove transitino in voci rilevanti del Conto economico.
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