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Indebita compensazione ampia senza passare dalle Sezioni Unite

/ REDAZIONE

Giovedì, 24 novembre 2022

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La Cassazione, nella sentenza n. 44266/2022, ha stabilito che il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti (art. 10-quater del DLgs. 74/2000) si configura anche nel caso in cui si compensino debiti per contributi previdenziali con crediti d’imposta IRES inesistenti.

Il fuoco dell’incriminazione della fattispecie, infatti, non è rappresentato dall’omogeneità o eterogeneità di quanto compensato, né dal rispetto del limite temporale della detraibilità del credito, né dall’utilizzo o meno del modello F24, ma dal ricorso a un istituto (quello disciplinato dall’art. 17 del DLgs. 241/1997) applicato nonostante l’assenza di un valido titolo.

Rispetto a tale assunto, inoltre, non è ravvisabile alcun contrasto da rimettere ad una decisione delle Sezioni Unite.
Rispetto all’orientamento prevalente, infatti, si registra un unico precedente difforme (Cass. n. 38042/2019, secondo il quale la condotta costitutiva del reato in questione riguarderebbe solamente le imposte sui redditi e l’IVA e non anche gli altri titoli elencati ai fini della compensazione dall’art. 17 del DLgs. 241/1997, fra cui figurano gli obblighi di pagamento per contributi previdenziali e assistenziali).

Non sussistono, quindi, i presupposti per rimettere la questione alle Sezioni Unite, dal momento che la rimessione facoltativa di una questione di diritto ad esse, ex art. 618 comma 1 c.p.p., richiede la ravvisabilità di un contrasto sufficientemente consolidato; sì che risulti superata la soglia dell’ordinario svolgimento di una riflessione giurisprudenziale in progressivo affinamento per essere sedimentate posizioni delle quali non è prevedibile l’ulteriore evoluzione.

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