In caso di cessione di azienda illegittima permangono gli obblighi contributivi del cedente
Con la sentenza n. 9143, depositata ieri, la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora una cessione di azienda venga dichiarata illegittima, per il cedente permane l’obbligo contributivo previdenziale anche in relazione al periodo in cui la prestazione lavorativa è stata resa in favore del cessionario, restando irrilevanti sia le vicende relative alla retribuzione dovuta dal cedente, sia l’eventuale pagamento di contributi da parte del cessionario per lo stesso periodo.
Viene dunque cassata la pronuncia d’appello che aveva accertato negativamente un cospicuo debito richiesto dall’INPS e riferito alla contribuzione per alcuni lavoratori “reintegrati” presso la società cedente all’esito di dichiarazione di illegittimità della cessione di ramo di azienda.
Sul punto, la Cassazione precisa che con la sentenza che ha invalidato la cessione, i rapporti di lavoro sono stati ricostituiti con effetto ex tunc nei confronti dell’unico reale datore di lavoro, ossia il cedente, il quale è tenuto ai previsti obblighi di legge, retributivi e previdenziali.
Inoltre, la Suprema Corte ha chiarito che la configurabilità del debito contributivo della società cedente non viene meno neppure in presenza della corresponsione dei contributi previdenziali da parte del cessionario in relazione alle retribuzioni pagate ai lavoratori nel periodo di efficacia (interinale) della cessione di azienda. In tal caso, infatti, una volta invalidata la cessione, il pagamento della contribuzione non proviene più dal datore di lavoro formalmente titolare del rapporto ma da un terzo a ciò non autorizzato, peraltro con riferimento a un medesimo periodo lavorativo già coperto integralmente da obbligo di contribuzione.
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