Per la bancarotta fraudolenta piena continuità tra legge fallimentare e Codice della crisi
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 33810/2023, ha chiarito che sussiste una piena continuità normativa tra le fattispecie di bancarotta fraudolenta previste dall’art. 216 del RD 267/42 e quelle previste dall’art. 322 del DLgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022.
Tale continuità discende, in primo luogo, dall’identica formulazione delle due norme incriminatrici, al di là di alcuni aggiornamenti lessicali irrilevanti in sede penale (ossia la sostituzione dei termini “fallito” e “fallimento”, rispettivamente, con il riferimento all’“imprenditore dichiarato in liquidazione giudiziale” e alla “liquidazione giudiziale”).
L’art. 349 del DLgs. 14/2019, inoltre, prevede espressamente la sostituzione, nelle disposizioni normative vigenti, dei termini “fallimento”, “procedura fallimentare”, “fallito” e delle espressioni da essi derivate con le espressioni “liquidazione giudiziale”, “procedura di liquidazione giudiziale” e “debitore assoggettato a liquidazione giudiziale”, facendo espressamente salva la continuità delle fattispecie.
Peraltro, questo principio è confermato dalla disciplina transitoria di cui all’art. 390 comma 3 del DLgs. 14/2019, con cui il legislatore ha voluto precisare che per i fatti, ivi considerati, anteriori alla vigenza del Codice della crisi continua ad applicarsi il RD 267/42.
In considerazione di ciò, precisa la Corte, la precedente disciplina, dettata dall’art. 216 del RD 267/42, da applicarsi a tutti i casi in cui sia intervenuta la dichiarazione di fallimento, non determina alcun trattamento deteriore rilevante ai fini dell’art. 2 c.p.
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