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Mercoledì, 9 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Prima casa per l’emigrato all’estero per motivi non lavorativi

/ Anita MAURO

Mercoledì, 9 luglio 2025

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L’art. 2 del DL 69/2023 ha modificato, con decorrenza dal 14 giugno 2023, la lett. a) della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, che disciplina la condizione della “residenza” per accedere all’agevolazione prima casa.

In particolare, il legislatore è intervenuto sulla parte della norma che detta le condizioni per l’accesso al beneficio da parte del soggetto emigrato all’estero. Per effetto della novità, in breve, “se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni”, per l’accesso al beneficio è necessario che l’immobile acquistato sia ubicato “nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento”.

La novità è stata oggetto di chiarimenti, da parte dell’Agenzia delle Entrate, con la circ. 16 febbraio 2024 n. 3, che ha prima di tutto rilevato come l’intervento normativo sia stato necessitato dalla procedura di infrazione n. 2014/4075 avviata dalla Commissione europea a carico dell’Italia, la quale aveva evidenziato come la previgente versione della nota II-bis), comma 1, lettera a), primo periodo, all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, attuasse una discriminazione, fondata sulla nazionalità, nei confronti dei cittadini di altri Stati Ue.

Per questo motivo, la lett. a) della Nota II-bis è stata modificata ed oggi dispone che l’agevolazione prima casa possa spettare – limitando lo sguardo alla c.d. condizione della “residenza” (posto che restano intatte le altre condizioni, concernenti la titolarità di altri immobili) – a condizione che l’immobile acquistato:
- sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha già la propria residenza o la stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto;
- oppure, se diverso, sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività;
- ovvero se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, nel Comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento.

In breve, quindi, il contribuente che si sia trasferito all’estero per ragioni di lavoro può acquistare un immobile con l’agevolazione prima casa senza doversi impegnare a trasferire la residenza in Italia entro 18 mesi, purché:
- avesse avuto la propria residenza in Italia (oppure vi avesse esercitato la propria attività, anche non remunerata) per almeno un quinquennio prima di trasferirsi;
- l’abitazione acquistata si trovi nel Comune di nascita dell’acquirente oppure in quello in cui svolgeva la propria attività o risiedeva prima del trasferimento (ma non deve trattarsi necessariamente dell’ultimo Comune in cui ha risieduto o svolto attività, cfr. la risposta a interpello n. 28/2025).

Premesso che questa speciale disciplina riguarda il soggetto trasferito all’estero per ragioni di lavoro (e che, come già illustrato nella circ. n. 3/2024, per “lavoro” deve intendersi qualsiasi tipologia di lavoro, non necessariamente subordinato, purché sussistente al momento dell’acquisto), ci si può chiedere quali condizioni di accesso al beneficio operino, invece, per il soggetto trasferito all’estero ma per ragioni non lavorative.

La soluzione del quesito sembra ritraibile dall’interpretazione letterale della lettera a) della nota II-bis.
La norma, infatti, detta particolari condizioni per il caso in cui l’acquirente sia trasferito all’estero per ragioni di lavoro ma non sembrerebbe aver escluso dal beneficio i soggetti trasferiti all’estero per ragioni non lavorative (anche perché tale lettura esporrebbe nuovamente la norma al biasimo comunitario).

Pertanto, si ritiene che il soggetto trasferito all’estero per ragioni non lavorative possa accedere al beneficio prima casa alle medesime condizioni applicabili a tutti gli altri soggetti, ovvero impegnandosi al trasferimento della residenza entro 18 mesi dal rogito.

In tal senso depone anche la genericità dell’espressione utilizzata nella prima parte della lettera a) ove, nel fissare la condizione “generale” della residenza, richiede che l’acquirente abbia “o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza”. Questa condizione opera, quindi, per tutti i soggetti acquirenti, senza differenziazioni, compresi, quindi, i soggetti trasferiti all’estero per ragioni non di lavoro.

Conferma di questa posizione si può trarre, inoltre, dalla lettura della risposta n. 238/2024, in cui l’Agenzia delle Entrate, nega il beneficio ad un soggetto che:
- da un lato, non può essere considerato “trasferito all’estero per ragioni di lavoro”, in quanto al momento del rogito lavora in Italia;
- dall’altro, non è riuscito a trasferire la residenza in Italia entro 18 mesi dal rogito.

Emerge, così, chiaramente che, in assenza della situazione peculiare del “trasferimento all’estero per ragioni di lavoro”, il contribuente avrebbe potuto accedere al beneficio ove avesse trasferito la residenza entro 18 mesi.

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