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IMPRESA

Autorizzazione non necessaria per l’affitto d’azienda nella composizione negoziata

Il regime di solidarietà opera a tutela del ceto creditorio

/ Antonio NICOTRA

Mercoledì, 20 agosto 2025

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Il Tribunale di Terni, con il decreto 30 aprile 2025, ha chiarito che, in sede di composizione negoziata, il debitore che intenda concedere in affitto l’azienda o un ramo di essa non è tenuto a richiedere l’autorizzazione ex art. 22 comma 1 lett. d) del DLgs. 14/2019 (CCII) prevista per gli atti di amministrazione straordinaria, non rientrando la fattispecie nelle tassative ipotesi di cui all’art. 22 del CCII.

Il Tribunale ricorda che l’imprenditore, durante il percorso della composizione negoziata, resta nel pieno possesso delle facoltà gestorie, potendo compiere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, salva necessità – in quest’ultimo caso, ovvero nell’ipotesi di esecuzione di pagamenti non coerenti con le trattative in corso o con le prospettive di risanamento – di informare preventivamente e per iscritto l’esperto che, ove ritenga tale atto pregiudizievole per i creditori, deve segnalarlo all’imprenditore e all’organo di controllo. Qualora l’atto venga comunque compiuto, l’esperto ha la possibilità – o l’obbligo se l’atto è pregiudizievole per i creditori – di iscrivere il proprio dissenso nel Registro delle Imprese nei 10 giorni successivi, segnalandolo al Tribunale quando sono state concesse misure protettive, ex art. 21 commi 2, 3, 4 e 5 del DLgs. 14/2019.

L’intervento autorizzativo è previsto nelle limitate e tassative ipotesi di cui all’art. 22 del CCII, con particolare riferimento alla contrazione di finanziamenti prededucibili ex art. 6 lett. a), b) e c) del CCII e al trasferimento “in qualunque forma” dell’azienda o di uno o più rami senza gli effetti di cui all’art. 2560 comma 2 c.c. e all’art. 22 comma 1 lett. d) del CCII.

Nel caso di specie, l’autorizzazione richiesta dal debitore non riguardava i predetti atti; l’intento era quello di concedere in affitto a terzi l’azienda e non, invece, di cederla con esclusione del comma 2 dell’art. 2560 c.c.
Secondo il Tribunale, quindi, per l’affitto l’azienda o di un ramo non è necessaria l’autorizzazione ex art. 22 comma 1 lett. d) del CCII.
Si osserva, al riguardo, che l’espressione utilizzata dalla norma (“trasferimento”), sebbene da intendere in senso lato (“in qualunque forma”), appare riferibile al solo effetto traslativo tipico dei contratti c.d. “a effetti reali” (realizzabili mediante forme diverse dalla vendita dell’azienda, come il conferimento in una newco), tra i quali non rientra l’affitto d’azienda.

Viene in rilievo anche l’art. 91 del CCII in materia di concordato preventivo, che estende la disciplina delle offerte concorrenti all’affitto d’azienda, diversamente da quanto previsto nell’art. 22 comma 1 lett. d) del CCII.
Inoltre, in materia di liquidazione giudiziale, il curatore che intenda “concedere in affitto” l’azienda deve osservare la disciplina di cui all’art. 212 del CCII, diversa dalla disciplina per la vendita dell’azienda ex art. 216 del CCII.

Il Tribunale precisa altresì come l’art. 2560 comma 2 c.c. non sia espressamente richiamato in materia d’affitto d’azienda dal codice civile: l’art. 2562 c.c. richiama, infatti, le disposizioni dell’art. 2561 c.c. sull’usufrutto.
L’art. 2558 c.c., applicabile anche all’affitto d’azienda, invece, riguarda i soli contratti a prestazioni corrispettive non integralmente eseguiti dalle parti al momento del trasferimento dell’azienda e non, invece, i rapporti di debito/credito (Cass. nn. 4248/2023, 32487/2023 e 23581/2017).
L’art. 212 del CCII, dettato per il caso in cui il curatore abbia stipulato un contratto d’affitto d’azienda, prevede (al pari dell’art. 214 del CCII) che la retrocessione alla liquidazione giudiziale di aziende, o rami di aziende, non comporti la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino a tale retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 e 2560 c.c.

Sul tema, la giurisprudenza di legittimità ha dedotto dall’art. 104-bis ultimo comma del RD 267/42 che, nell’ipotesi di affitto di azienda attuato nell’ambito della procedura concorsuale, in mancanza di deroga, si applicherebbe l’art. 2560 c.c., con l’effetto di determinare, all’esito della retrocessione dell’azienda affittata, la responsabilità della procedura per i debiti sorti a carico dell’affittuario (Cass. n. 23581/2017).
Per il Tribunale, quindi, l’art. 2560 c.c. rileva solo nelle ipotesi di retrocessione dell’azienda dall’affittuario al proprietario, quale conseguenza della cessazione del contratto; diversamente, non assume rilievo al momento della stipula del contratto d’affitto.

Il comma 2 della predetta norma, ricorda il tribunale, non è derogabile dalle parti del contratto di cessione, trattandosi di norma imperativa a tutela dei terzi creditori.
Il regime di solidarietà di cui all’art. 2560 comma 2 c.c., anche qualora ritenuto applicabile all’affitto d’azienda al di là dell’ipotesi di retrocessione, quindi, resterebbe un principio inderogabile in assenza di una previsione di legge, pertanto il Tribunale non potrebbe comunque eliderne gli effetti con un provvedimento autorizzatorio derivante dall’art. 22 comma 1 lett. d) del DLgs. 14/2019.

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