Dubbi di costituzionalità sulla pensione minima per il personale scolastico
Da valutare la possibilità di trattenere in servizio il dipendente in considerazione delle aspettative di vita
Con l’ordinanza interlocutoria n. 24662/2025, la Cassazione ha rimesso alla Consulta una questione di legittimità costituzionale concernente il conseguimento della “pensione minima” per il personale scolastico. Nello specifico, la Suprema Corte ha sollevato la questione di incostituzionalità dell’art. 509 comma 3 del DLgs. 297/94, per violazione dell’art. 38 Cost. e del principio di ragionevolezza, nella parte in cui, nel disporre che “[i]l personale, che, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima”, stabilisce che il rapporto di lavoro possa continuare “e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età” e non, invece, “e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età o la diversa maggiore età individuata tenendo conto dell’adeguamento alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla legge n. 122 del 2010”.
Preliminarmente, è bene ricordare che l’art. 509 del DLgs. 297/94 disciplina l’istituto del trattenimento in servizio del personale scolastico, misura che permette di proseguire la propria attività lavorativa oltre i limiti di età pensionabile: viene in tal modo permesso al dipendente di prestare servizio oltre la soglia di età per il pensionamento, fino ad un massimo di 70 anni. Con riferimento alla ratio di tale istituto, la Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte Costituzionale, evidenzia l’esigenza di tutelare la posizione del soggetto che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro per il raggiungimento del limite di età, si troverebbe al contempo privo di retribuzione e di pensione, non avendo raggiunto la soglia dei vent’anni di versamento di contributi, restando così senza reddito (Corte Cost. n. 90/92). Ciò, conformemente al disposto di cui all’art. 38 Cost., in forza del quale “[o]gni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
Tanto premesso, i giudici di legittimità si domandano se possa il legislatore, anche nell’ambito della sua discrezionalità, imporre un tetto massimo di età per il trattenimento in servizio nel comparto scuola, che sia fisso e slegato da ogni collegamento con l’adeguamento alla speranza di vita ex art. 12 del DL 78/2010 o se, piuttosto, questa scelta del legislatore non giunga a violare il disposto dell’art. 38 Cost., essendo, precisa la Corte, “palesemente irragionevole ammettere la possibilità di un trattenimento in servizio per maturare i requisiti minimi pensionistici e, però, imporre un tetto massimo a detto trattenimento”; in tal modo, verrebbe infatti impedito a chi è entrato in servizio troppo tardi nel pubblico impiego di conseguire una pensione. Questo dubbio, evidenzia la Corte, assume maggior rilievo in considerazione della circostanza per la quale, nel vigore della previgente disciplina, vi fosse uno stretto collegamento fra l’età massima di assunzione e quella di collocamento a riposo dei dipendenti, determinata in maniera tale da garantire il conseguimento del diritto alla pensione; ciò, in forza del combinato disposto tra l’art. 2 del DPR 3/57 il quale stabiliva – in linea generale – il limite di età di 40 anni per la partecipazione ai concorsi pubblici e l’art. 42 comma 1 del DPR 1092/73 che disponeva come il diritto alla pensione sorgesse dopo quindici anni di effettivo servizio.
Ad oggi, invece, detto collegamento è venuto meno, essendo stato introdotto il diverso principio della liberalizzazione del limite di età per partecipare ai concorsi pubblici, salvo deroghe appositamente stabilite. In conclusione, nel rinviare la questione alla Corte Costituzionale, i giudici di legittimità ne evidenziano il particolare rilievo, anche a fronte dell’elevato numero di lavoratori interessati dalla problematica, nonché in virtù degli effetti che avrebbe la previsione della possibilità, per i lavoratori che non abbiano maturato i requisiti per la pensione, di restare in servizio anche dopo la conclusione, per ragione inerenti all’età, del rapporto di impiego, fino al raggiungimento del limite determinato tenendo conto dell’adeguamento alla speranza di vita ai sensi dell’art. 12 del DL 78/2010.
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