Tutela per i crediti antecedenti alle misure di prevenzione
Per le Sezioni Unite devono essere accertati entro il termine per l’ammissione al passivo
Il credito del terzo derivante da fatto illecito commesso in suo danno da colui che è sottoposto a misure di prevenzione deve essere sorto antecedentemente all’applicazione della misura cautelare e deve essere accertato dal giudice della cognizione entro il termine previsto per l’ammissione ordinaria o tardiva al passivo. L’accertamento suddetto deve, in sede penale, essere definitivo mentre, in sede civile, è sufficiente che sia provvisoriamente esecutivo. Il principio è stato deciso dalle Sezioni Unite penali nella sentenza n. 37200, depositata ieri.
L’ordinanza n. 47294/2024 aveva infatti posto al supremo consesso il quesito se, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’art. 52 comma 1 del DLgs. 159/2011 (c.d. codice Antimafia) – in forza del quale la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi derivanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro – dovesse essere interpretato nel senso che, ai fini dell’ammissione allo stato passivo del credito del terzo derivante da fatto illecito commesso in suo danno dal proposto, il relativo diritto debba essere sorto antecedentemente all’applicazione della misura cautelare, anche se accertato e liquidato in un momento successivo, ovvero nel senso che dovesse essere anteriore al sequestro anche l’accertamento giudiziale del credito.
Tale ordinanza faceva notare come, allo scopo di evitare che possano soddisfarsi sui beni del proposto soggetti che vantino detti crediti in relazione all’attività delittuosa, il DLgs. 159/2011 ha introdotto un’apposita disciplina per la tutela dei diritti dei terzi coinvolti nel procedimento di prevenzione patrimoniale che prevede, tra l’altro, un procedimento di accertamento delle pretese dei creditori dinanzi al giudice delegato dal Tribunale, sostanzialmente mutuato su quello delle procedure concorsuali di natura liquidatoria.
Ma la questione specificamente controversa attiene all’individuazione del momento nel quale sorge il credito del terzo ai fini dell’ammissione del credito medesimo nel procedimento di prevenzione patrimoniale.
Nelle motivazioni depositate dalle Sezioni Unite si precisa, innanzitutto, che la soluzione a tale tematica si presenta in modo differente a seconda che l’accertamento del credito derivante da fatto illecito avvenga in sede civile ovvero in sede penale.
Circa la prima evenienza, la Consulta, nelle pronunce n. 12/2016 e n. 176/2019, ha affermato che nel sistema vigente l’inserimento dell’azione civile nel processo penale configura una situazione processuale sostanzialmente diversa da quella determinata dall’esercizio dell’azione civile nella sede propria. Ciò perché quella azione assume carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale ed è perciò destinata a subire gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, cioè dalle esigenze, di interesse pubblico, connesse all’accertamento dei reati.
Il principio di accessorietà trova la sua principale espressione nella regola secondo la quale il giudice penale decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta con la costituzione di parte civile quando pronuncia sentenza di condanna (art. 538 comma 1 c.p.p.).
Il diritto della vittima al risarcimento del danno è altresi subordinato all’accertamento in via definitiva della responsabilità penale dell’imputato, in quanto il principio di non colpevolezza sancito dall’art. 27 Cost. implica la certezza processuale della condotta illecita.
Circa il requisito della certezza del credito da fatto illecito, le Sezioni Unite ritengono che vada considerato che l’art. 540 c.p.p. esclude che la condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno abbia efficacia provvisoriamente esecutiva, prevedendo come regola generale che l’esecutività consegua al giudicato penale, confermando che l’ammissione al passivo di un credito in favore della vittima del reato presuppone l’accertamento definitivo della responsabilità.
La parte civile può, d’altra parte, ottenere nel corso del giudizio la condanna al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva; trattasi, tuttavia, di una statuizione per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento, con conseguente esclusione della finalità di accertamento del credito richiesta per l’ammissione al passivo. Diverse sono le considerazioni da farsi riguardo all’accertamento civilistico in cui va tenuto conto della possibile provvisoria esecutività, nell’ambito del bilanciamento di interessi contrapposti.
La decisione delle Sezioni Unite si fonda peraltro sull’affermazione della distinzione della tutela del terzo nel procedimento di prevenzione e nel procedimento fallimentare o di liquidazione giudiziale. In tema di misure di prevenzioni reali, ai fini di ammissione allo stato passivo, il giudice è vincolato agli esiti del necessario accertamento – in sede civile, ovvero in sede penale in caso di esercizio dell’azione civile nel processo penale – della esistenza (“an”) e dell’ammontare (“quantum”) del credito medesimo. Per tali ragioni, non è possibile escludere il credito sul presupposto che anche la fase accertativa di cognizione debba concludersi definitivamente prima del sequestro.
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