Per il lavoro durante il Santo Patrono si valuta il riposo compensativo
In termini generali, il trattamento economico è assimilato a quello previsto per le festività ordinarie
La festività del Santo Patrono rappresenta una ricorrenza di carattere locale e non una festività riconosciuta dalla L. 260/49. La sua disciplina trova fonte esclusivamente nella contrattazione collettiva che, generalmente, prevede il diritto dei lavoratori ad un giorno di riposo retribuito in occasione della festa del Patrono del Comune in cui la prestazione lavorativa viene svolta.
Pur non essendo una festività nazionale, il trattamento economico applicato è assimilato a quello previsto per le festività ordinarie: quando la ricorrenza cade in un giorno lavorativo, il dipendente conserva la normale retribuzione come se avesse prestato la propria attività, secondo le modalità definite dal contratto collettivo di riferimento. Nello specifico, i dipendenti mensilizzati percepiscono il compenso senza variazioni, poiché la giornata è già ricompresa nella retribuzione mensile, mentre per i lavoratori retribuiti a ore la festività deve essere valorizzata attraverso il pagamento della quota giornaliera pari a 1/6 dell’orario settimanale (o 1/5 in caso di settimana corta), salvo diverse previsioni del contratto collettivo applicato. Se il Santo patrono cade di domenica, oltre alla normale retribuzione, viene riconosciuta un’ulteriore quota giornaliera, della paga mensilizzata, oppure una quota ragguagliata ad 1/6 dell’orario settimanale in caso di retribuzione oraria. La disciplina contrattuale può comunque prevedere criteri differenti di valorizzazione economica, come accade in alcuni settori che applicano divisori diversi per le festività cadenti in giorni non lavorativi.
Nel caso in cui il dipendente venga chiamato a lavorare nella giornata del Santo patrono, è necessario distinguere se l’azienda garantisca o meno un riposo compensativo. In assenza di riposo, la prestazione resa in giorno festivo comporta il riconoscimento della relativa maggiorazione, da calcolare secondo le percentuali previste dal contratto collettivo. Se invece il riposo compensativo viene fruito in altra giornata, al lavoratore spetta la sola maggiorazione per lavoro festivo, fermo restando il diritto alla retribuzione per la festività. Il meccanismo è identico a quello previsto per tutte le altre festività del calendario, comprese quelle nazionali.
La festività del Santo Patrono spetta anche nel caso di assenze giustificate come ferie, malattia, maternità o congedi disciplinati dalla legge. In tali ipotesi il lavoratore conserva il diritto alla retribuzione della festività, con le consuete eccezioni previste per gli eventi indennizzati dall’INPS (ad esempio, per malattia e maternità restano a carico dell’Istituto unicamente le festività infrasettimanali di impiegati e quadri del commercio, mentre negli altri casi provvede il datore di lavoro).
Analogamente, in presenza di trattamenti di integrazione salariale, il diritto al pagamento della festività segue la disciplina ordinaria: per i dipendenti mensilizzati le festività infrasettimanali cadenti durante la sospensione rientrano tra quelle poste a carico dell’INPS, mentre per i lavoratori orari trovano applicazione le limitazioni previste dal messaggio INPS n. 13552/2009, secondo cui le festività del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno non sono mai integrabili, mentre il Santo Patrono – unitamente al 1° giorno dell’anno, lunedì dopo Pasqua, Assunzione, Ognissanti, Immacolata Concezione, Natale e Santo Stefano – restano a carico del datore solo se ricadono nelle prime due settimane di sospensione.
Un profilo di particolare interesse riguarda le imprese che operano in più Comuni aventi diversi Santi Patroni. In tali casi il criterio da applicare non è quello della sede legale dell’azienda, né quello della residenza del lavoratore, bensì il luogo in cui la prestazione viene effettivamente svolta (si veda, ad esempio, l’art. 60, comma 1, punto 12), del CCNL Autotrasporto Merci e Logistica). Ogni unità produttiva segue dunque la festività del proprio Comune: i dipendenti della sede A godono della festività del patrono della sede A, quelli della sede B della festività della sede B, anche quando le ricorrenze cadono in giorni differenti.
Lo stesso criterio vale per i lavoratori che operano stabilmente in trasferta presso cantieri o clienti situati in altri Comuni. È tuttavia possibile che la contrattazione collettiva preveda regole differenti, come avviene nel CCNL Edilizia – Industria, che all’art. 17 consente esplicitamente di riferire la festività al Comune in cui ha sede l’impresa, a prescindere dal luogo ove è situato il cantiere.
In tutti gli altri casi, si applica la regola generale secondo cui la festività spetta esclusivamente ai lavoratori che operano nel Comune interessato. Ne deriva che la chiusura aziendale disposta in occasione della festività del Patrono di una specifica sede non determina automaticamente il diritto alla festività per i dipendenti delle altre unità produttive, e viceversa.
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