Reverse charge senza detrazione IVA se l’operazione è inesistente
Nel meccanismo di inversione contabile si cumulano sul cessionario (o sul committente) l’onere del versamento dell’imposta, da un lato, e il diritto – eventuale – alla detrazione della stessa, dall’altro. Quest’ultimo è condizionato alla sussistenza delle condizioni soggettive (cioè l’acquirente deve essere un soggetto passivo) nonché di quelle oggettive, essendo necessario che i beni o i servizi acquisiti siano utilizzati ai fini delle operazioni soggette a imposta. Sicché, in assenza di questi presupposti, il diritto alla detrazione deve essere negato.
Con la sentenza n. 18730, depositata ieri, 9 luglio, la Cassazione ha confermato principi ormai consolidati, censurando l’operato della C.T. Reg., la quale aveva ritenuto che nel reverse charge la detrazione costituisse una mera “neutralizzazione contabile” dell’IVA dovuta dal cessionario o committente.
I giudici di legittimità evidenziano come l’istituto dell’inversione contabile costituisca uno strumento per il contrasto alle frodi, “perché idoneo ad evitare un incontrollato (ed abusivo) esercizio del diritto di detrazione” (Cass. n. 18730/2024).
La Cassazione ricorda che ai sensi dell’art. 21 comma 7 del DPR 633/72, in caso di operazioni inesistenti, il soggetto che emette la fattura è debitore dell’imposta, mentre il destinatario non ha titolo a portare la stessa in detrazione, in carenza del presupposto (art. 19 comma 1 del DPR 633/72). Nel reverse charge, è il cessionario o committente l’effettivo soggetto d’imposta “e l’IVA integrata a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta” (Cass. n. 18730/2024). Essa non è però detraibile, mancando “la corrispondenza anche soggettiva dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata” (Cass. n. 18730/2024; Cass. n. 13803/2014).
Perché possa essere esercitato il diritto alla detrazione è necessario che il destinatario dimostri che “usando la diligenza esigibile da un operatore del settore, non era in grado di avere contezza che la fattura non era stata emessa dal fornitore reale” (Cass. n. 18730/2024; Cass. n. 4250/2022).
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