Indebita compensazione per crediti non spettanti se il credito inesistente emerge dai controlli
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27480, depositata ieri, ha stabilito che l’utilizzo in compensazione di crediti IVA “frutto di una creazione estemporanea” integra la fattispecie di indebita compensazione di crediti “non spettanti” (di cui all’art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000) e non quella, più grave, di indebita compensazione di crediti “inesistenti” (di cui all’art. 10-quater comma 2 del DLgs. 74/2000) quando essi, come accadeva nel caso di specie, siano rilevati come tali attraverso i controlli automatizzati previsti dal DPR 600/73.
E infatti, come precisato dall’art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97, nella versione applicata al caso di specie, “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Dal momento che, come affermato anche dalla sentenza n. 7615/2022 della Suprema Corte, in una prospettiva unitaria e sistematica, è da questa disposizione che deve trarsi la nozione penalistica di credito inesistente, in assenza di uno dei due requisiti richiesti, il credito, seppure inesistente “di fatto”, non è valutabile come tale e, dovendosi ricondurre sul piano formale ai crediti esistenti, la sua indebita compensazione rileva quale credito “non spettante” ex art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000.
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