Niente principio della maggioranza per le deliberazioni del condominio «minimo»
In presenza di due soli condomini le spese straordinarie vanno approvate all’unanimità
In tema di condominio negli edifici, l’art. 1136 c.c. stabilisce che l’assemblea condominiale adotta le proprie deliberazioni in base al principio della maggioranza. Nello specifico, i commi 2 e 3 della norma in discorso enunciano le regole generali secondo cui la delibera condominiale è valida se approvata, rispettivamente: in prima convocazione, “con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio”; in seconda convocazione, “dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”. Maggioranze diverse sono, inoltre, prescritte nella disciplina codicistica per talune tipologie di delibere: si pensi, ad esempio, alle delibere concernenti la nomina o la revoca dell’amministratore, ovvero le riparazioni straordinarie o di notevole entità, le quali, in forza dell’art. 1136 comma 4 c.c., vanno approvate – sia in prima che in seconda convocazione – con la maggioranza di cui al precedente comma 2.
Con tutta evidenza, il metodo collegiale e il sistema della maggioranza mal si conciliano con la peculiare fattispecie del condominio c.d. “minimo”, per tale intendendosi quello composto da due soli partecipanti e in cui i beni comuni rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni di proprietà individuale.
Per lungo tempo, l’incompatibilità posta in risalto ha indotto una parte della giurisprudenza a negare l’applicabilità delle regole speciali in tema di condominio negli edifici rispetto alla figura del condominio minimo, propendendo piuttosto per l’operatività della disciplina generale della comunione (tra le tante, Cass. n. 4721/2001).
In senso opposto si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione, le quali, chiamate a dirimere la questione concernente l’opportunità di fondare il diritto del condomino al rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune sul disposto dell’art. 1110 c.c., ovvero dell’art. 1134 c.c., con la sentenza n. 2046/2006 hanno affermato che nessuna tra le norme disciplinanti il funzionamento e l’organizzazione dell’assemblea condominiale contempla l’impossibilità, logica e tecnica, che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso da quello maggioritario. In particolare, nel caso del condominio formato da due soli condomini, nessuna norma impedisce che l’assemblea si costituisca validamente con la presenza di ambedue i condomini e decida validamente all’unanimità; peraltro, se non si raggiunge l’unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all’autorità giudiziaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c.
In quell’occasione, l’organo nomofilattico ha, altresì, stabilito che il rimborso delle spese anticipate dal proprietario di una tra le due unità immobiliari dell’edificio per la gestione delle parti comuni, senza la previa autorizzazione dell’assemblea, è regolato dall’art. 1134 c.c., il quale esige, a tal fine, la prova che l’intervento manutentivo era sorretto da ragioni di urgenza. A detta delle Sezioni Unite, la non applicabilità del più favorevole art. 1110 c.c. – che, collocato tra le norme sulla comunione in generale, fa discendere il diritto al rimborso dalla mera “trascuranza” degli altri comunisti – trova la propria ragione giustificativa nella non assimilabilità del condominio minimo alla comunione. Va, infatti, osservato che la sussistenza del condominio (quale diritto soggettivo di natura reale) postula, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il collegamento, materiale o funzionale, tra le parti comuni e le unità immobiliari in proprietà solitaria. Detta condizione è sufficiente affinché il condominio possa dirsi costituito ex lege, essendo, invece, del tutto irrilevante il numero di persone che compongono l’edificio.
Da quanto detto sinora discende che, se nell’edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio – considerato come situazione soggettiva o come organizzazione – sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendentemente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificamente previste per il condominio negli edifici.
I principi di diritto enucleati dalla sentenza n. 2046/2006 hanno trovato continuità e condivisone nella successiva giurisprudenza, di merito (App. Roma n. 836/2023; Trib. Bergamo n. 1705/2024) e di legittimità (Cass. n. 27106/2021).
Degna di nota è, in particolare, l’ordinanza n. 16337/2020 della Cassazione, ove si è affermato che, nell’ipotesi di condominio costituito da soli due condomini, seppur titolari di quote diseguali, ove si debba procedere all’approvazione di deliberazioni le quali – come quella di nomina dell’amministratore – richiedano comunque, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, ex art. 1136 comma 2 c.c., la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione “unanime”, non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41