Anche la società inattiva risponde della bancarotta documentale
Non esclude la responsabilità la nomina di un procuratore speciale, ma serve la prova del dolo
In tema di bancarotta documentale, il fatto che la società sia inattiva non determina il venire meno dell’elemento oggettivo del reato.
Nel caso affrontato dalla sentenza n. 31536, depositata ieri dalla Cassazione penale, una società – poi fallita – era stata costituita allo scopo di ricevere fondi pubblici per la realizzazione di un parco eolico. Fondi effettivamente erogati, ma di cui si è persa ogni traccia; ragione per cui veniva contestata, oltre alla bancarotta per distrazione, anche la bancarotta documentale (ai sensi degli artt. 216 e 223 del RD 267/42, oggi confluiti nel DLgs. 14/2019).
Il delitto di bancarotta fraudolenta documentale – precisano i giudici di legittimità – si presenta come un reato di pericolo, per cui fino a quando la società non viene meno attraverso la procedura della cancellazione, vi è sempre uno specifico interesse del pubblico e dei potenziali creditori a essere informati sulla situazione patrimoniale e sul giro di affari della società.
Secondo la Cassazione è errato il convincimento che tende a giustificare il comportamento (parzialmente) omissivo in violazione dell’obbligo documentativo dell’imprenditore stabilito dall’art. 2214 c.c., con il richiamo all’inattività della società fallita, volendo in tal modo dedurre la cessazione della penale responsabilità. Infatti, gli obblighi documentali sopravvivono alla cessazione dell’attività, venendo meno soltanto quando la cessazione dell’attività sociale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese e perché, anche nell’assenza di effettiva gestione, decorrono – comunque – obbligazioni che sino all’avvio della procedura concorsuale, coinvolgono il patrimonio dell’impresa, come gli oneri sulle passività finanziarie o fiscali.
Interessante anche la parte delle motivazioni dedicata alla responsabilità dell’amministratore nell’ipotesi in cui venga nominato un procuratore speciale. Nel caso di specie, infatti, l’imputato opponeva il fatto che non fosse possibile ipotizzare alcuna responsabilità nei suoi confronti, avendo egli, pur nella consapevolezza della carica rivestita, nominato un “procuratore ad acta per l’esercizio di tale funzione” nella persona di un professionista iscritto nell’Albo dei dottori commercialisti.
La sentenza in esame precisa, tuttavia, che la nomina di un procuratore speciale non esclude la responsabilità dell’amministratore di diritto, ponendo, piuttosto, le condizioni per un eventuale concorso del procuratore speciale nel reato dell’amministratore di diritto, in qualità di “extraneus”. Infatti, il rilascio di una formale procura da parte dell’apparente amministratore della società non esclude che costui sia un “uomo di paglia” e che il vero amministratore sia l’apparente procuratore, né esclude il concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta con l’amministratore.
Viene peraltro ribadito che l’amministratore risponde anche dell’omessa o della irregolare tenuta delle scritture contabili verificatasi nel periodo in cui egli non era amministratore di diritto della società, in presenza di una sua inerzia sul punto, una volta divenuto amministratore. Ciò significa che, in caso di avvicendamento nella gestione di una società, il nuovo amministratore ha l’obbligo di verificare l’effettiva e corretta tenuta delle scritture contabili da parte del predecessore, nonché di ricostruire la documentazione eventualmente mancante o inidonea, di ripristinare i libri e le scritture contabili mancanti e di regolarizzare le scritture erronee, lacunose o false.
Tutto ciò posto, nel caso in esame, la Cassazione annulla la condanna con rinvio in quanto manca la prova dell’elemento soggettivo doloso, con particolare riguardo alla coscienza e volontà di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori (bancarotta documentale specifica).
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