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LAVORO & PREVIDENZA

Vietato chiedere ai candidati la retribuzione percepita in fase pre-assuntiva

La direttiva europea sulla parità salariale di genere impone alcuni obblighi e divieti in capo alle aziende

/ Giada GIANOLA

Lunedì, 20 ottobre 2025

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La direttiva Ue 2023/970, sulla parità retributiva di genere, stabilisce prescrizioni minime per rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne. A tal fine, vengono imposti, in capo alle aziende, una serie di adempimenti.

Il recepimento della direttiva dovrà avvenire entro il prossimo 7 giugno 2026 (si veda “Pieno risarcimento o piena riparazione in caso di discriminazione retributiva” del 27 maggio 2023). In vista di tale scadenza, si offre quindi una prima panoramica degli obblighi informativi e dei divieti imposti.

In particolare, la direttiva impone ai datori di lavoro degli obblighi informativi già in fase pre-assuntiva (art. 5 della direttiva): viene disposto che le aziende devono fornire ai candidati – ad esempio, negli annunci di lavoro – informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e, se del caso, sulle pertinenti disposizioni del contratto collettivo applicato. Gli avvisi di posto vacante e i titoli professionali devono essere neutri sotto il profilo del genere e le procedure di assunzione devono essere condotte in modo non discriminatorio.

Viene fatto divieto di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro, mentre, in corso di rapporto, le aziende non possono impedire ai lavoratori di rendere nota la loro retribuzione (a tale fine gli Stati membri dovranno attuare misure che vietino clausole contrattuali limitative della facoltà dei lavoratori di divulgare tale informazione).

La direttiva dispone che i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, debbano essere resi facilmente accessibili ai lavoratori, con possibile esonero, in merito all’obbligo concernente la progressione economica, per i datori di lavoro con meno di 50 lavoratori (art. 6 della direttiva).

Si prevede inoltre l’obbligo di fornire per iscritto, previa richiesta dei lavoratori ed entro il termine di massimo due mesi dalla data della richiesta, informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, ripartiti per sesso, informando annualmente tutti i lavoratori del diritto di ricevere tali informazioni e delle attività da espletare per esercitare tale diritto (art. 7 della direttiva).

Le aziende – a decorrere da date diverse e con scadenze differenziate a seconda del numero dei dipendenti – devono fornire determinate informazioni – indicate al § 1, lett. da a) a g) dell’art. 9 della direttiva, tra cui il divario retributivo di genere e quello nelle componenti complementari o variabili – con comunicazione all’autorità incaricata della compilazione e della pubblicazione di tali dati (il c.d. “organismo di monitoraggio”) a norma dell’art. 29 § 3 lett. c) della direttiva. Alcune informazioni – quelle dalla lett. a) alla lett. f) – possono essere pubblicate sul sito web aziendale o rese pubbliche in altra maniera. Le informazioni sul divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili (lett. g) vanno fornite a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti e trasmesse, su richiesta, all’Ispettorato del Lavoro e all’organismo per la parità.

In presenza di certe condizioni, tra cui la sussistenza di un divario del livello retributivo medio tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile pari ad almeno il 5% in una qualsiasi categoria di lavoratori, i datori sono poi tenuti a effettuare, in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori, una valutazione congiunta delle retribuzioni, avente il fine di individuare, correggere e prevenire differenze retributive tra lavoratrici e lavoratori che non siano motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere (art. 10 della direttiva).

Si evidenzia che il mancato rispetto degli indicati obblighi in materia di trasparenza retributiva – ai sensi degli artt. 5, 6, 7, 9 e 10 della direttiva Ue 2023/970 – comporta delle conseguenze, essendo prevista un’inversione dell’onere della prova. Dovrà infatti essere il datore di lavoro a dimostrare che non vi è stata alcuna discriminazione retributiva, diretta o indiretta. L’indicata inversione dell’onere probatorio, però, non opera nel caso in cui il datore di lavoro riesca a provare che la violazione di tali obblighi è stata manifestamente involontaria e di lieve entità (art. 18 comma 2 della direttiva).

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